di Vincenzo Basile
Scrivere l’intera saga dei Nibelunghi costò al suo autore oltre un ventennio. Dal 1856, quando inizia a scrivere le prime scene di Sigfrido, fino al 1876, anno della prima rappresentazione integrale a Bayreuth, la Tetralogia subì infatti una lunga interruzione, durante la quale Wagner fu immerso anche nella composizione di Tristano e Isotta e I maestri cantori di Norimberga.
Oltre cinque ore di musica per la seconda puntata del Ciclo, a sua volta strutturata su tre tempi e tre volumi scenografici.
Il palco dell'Opera di Budapest ben accoglie l'apparato scenografico, firmato da Géza M. Tóth e le proiezioni di immagini video a opera di Gergely Zöldy Z e la capiente buca riesce agevolmente a contenere tutti gli elementi (più di sessanta) esplicitamente richiesti e raccomandati dall'autore tedesco.
Come di consueto, i sopratitoli in lingua inglese (Arthur Roger Crane) e ungherese (Lídia Nádori) agevolano la comprensione della complessa opera.
Ben poche sono le azioni concrete: tutto ruota intorno al vigoroso e incontenibile eroe, proiettato verso il trionfo del suo impeto e della sua determinazione. Nel primo tempo la musica è in sostanza un adattamento di temi del prologo che si ripetono senza grandi variazioni dinamiche.
Dall’apparizione del nano Mime (il tenore Jürgen Sacher) ossessionato dalla spada da forgiare al tenore.
István Kovácsházi, un Sigfrido un po’ rasta dai lunghi dreeds, un po’ gigante buono, che indossa un abito da cacciatore (costumi di Ibolya Bárdosi) che ben concilia le due nature del personaggio. Subito dopo è la volta di un Wotan (il basso Egils Silins), austero nella candida tunica e profondo nel timbro vocale.
Dagli inferi del primo tempo alla foresta mistica e deserta del secondo, la scena presenta l'incontro fra Wotan e Alberico (il basso Markus Jupiter),sottolineata dal tema del drago Fafner (il basso István Rácz).
Sigfrido e l'Uccello del Bosco, (la soprano Zita Szemere) fanno da contraltare alla poderosa malvagità del Drago che l’Eroe impavido affronta e annienta. Sotto le stelle del terzo atto Brunilde (Eszter Sümegi), la valchiria che attende di essere svegliata dal bacio del protagonista, attende distesa su una panca nera avvolta da un velo oscuro. Sullo sfondo di un buio assoluto, il bacio fatale e l’intenso fraseggio del duetto finale.
Nonostante la durata dello spettacolo, la sua godibilità è in crescendo, grazie anche ai due intervalli che scandiscono i cambi di scena e di dimensione visiva. Le proiezioni video che introducono i tre tempi e luoghi non brillano per originalità ma sono almeno esplicitamente indicativi nell’annunciare i passaggi dagli inferi alla Crosta e da quella alle Stelle.
L’ Uccellino del Bosco ha l’ingrato compito di svolazzare sempre nello stesso identico modo e Brunilde, con la sua immacolata candida chioma rimanda più a una madre/nonna che a un’amante ma il livello di presenza scenica di tutto il cast è tale da distogliere l’attenzione dalle pur vistose imperfezioni qua e là riscontrabili in scena.
Impeccabile la direzione di Péter Halász sul podio di un’Orchestra assolutamente all’altezza delle omologhe europee. Complessivamente una serata più che dignitosa come i prolungati e sentiti applausi hanno doverosamente riconosciuto e appena qualche fischio per il regista.
Cast
Direttore: Péter Halász
Sigfrido: István Kovácsházi
Mime: Jürgen Sacher
Il Vagabondo: Egils Silins
Alberico: Marcus Jupither
Fafner: István Rácz
Erda: Erika Gál
Brunilde: Eszter Sümegi
Uccello della Foresta: Zita Szemere
Crediti
Librettista: Richard Wagner
Visual Concept: Géza M. Tóth
Scenografia: Géza M. Tóth
Costumi: Ibolya Bárdosi
Proiezioni Video: KEDD Animation Studio
Coreografia: Marianna Venekei
Sottotitoli ungheresi: Lídia Nádori
Sottotitoli inglesi: Arthur Roger Crane
(foto originali di Szilvia Csibi)