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16/11/24 ore

Coppie di fatto, spiraglio vaticano sui diritti dei senza diritti


  • Andrea Spinelli Barrile

Attorno alle solite spinose questioni dei diritti civili negati (nello specifico il "diritto ad amare") recentemente monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Consiglio Pontificio della Famiglia ha lasciato intravedere un'apertura oltretevere.

 

Pur restando coerente con i dettami dell'ortodossia cattolica il vescovo ha infatti aperto al riconoscimento dei diritti individuali per le "convivenze non familiari", ribadendo che "la famiglia c'è ed è solida", perché "sono stati smentiti quei profeti di sventura che prevedevano, o meglio, auspicavano l’estinzione della famiglia".

 

Una famiglia che, va da se, deve mantenere quel senso basico tradizionale intrinseco nella cultura cattolica. "L'affetto - ha spiegato Monsignor Paglia - che tra persone non è sufficiente a fondare un matrimonio, che è possibile solo tra uomo e donna; questo amore si chiama coniugale perché è destinato alla procreazione, quindi all'intreccio delle generazioni, quindi alla storia. Ecco perché qualsiasi incrinatura a questa concezione del matrimonio porta a conseguenze disastrose, così come qualsiasi concezione che pretenda di annullare o relativizzare la diversità".

 

Fin qui tutto normale, per un ministro, oltre che di Dio, d'Oltretevere. La novità interessante è tuttavia relativa all'apertura sui diritti per tutti gli altri. Posto dunque che di matrimonio, se non è tradizionale, non si deve proprio parlare, ciò non toglie che i diritti individuali vadano comunque tutelati: "la differenza tra uomo e donna è indispensabile per la generazione; altro è però il discorso della pari dignità di tutti i figli di Dio. Tutti sono un dono. Tutti sono amati dal Signore. Tutti debbono essere amati".

 

Il Vescovo è andato persino oltre: "Se di fronte al moltiplicarsi delle convivenze non familiari si ritiene importante un intervento, credo che già il cardinal Ruini nel 2005 abbia dato indicazioni sul versante dei diritti individuali", quando in riferimento ai Pacs dell'allora governo Prodi, ne sosteneva l’incostituzionalità perché la Carta “intende la famiglia come 'società naturale fondata sul matrimonio', indicando per la convivenza, che “non può essere assimilata alla famiglia" la "strada del diritto comune" per le unioni di fatto.

 

In una dichiarazione a Vatican Insider su 'La Stampa' è stato lo stesso vescovo Paglia a precisare: "per quanto riguarda le 'unioni civili' parlare di matrimonio, di nozze, di famiglia, è soltanto assurdo e fuori luogo. La morale cattolica non segue le mode ed i venti di stagione. Diritti civili e diritti sociali certamente, ma equiparare la loro 'unione' alla famiglia e alla coppia 'maschio e femmina li creò' è non solo contro la natura, ma anche contro il buon senso. Le situazioni personali non possono diventare norma e legge di vita. Non discriminazione, ma comprensione e attenzione pastorale nei loro riguardi. Questo, però, non vuol dire 'equiparare' i diritti individuali con i diritti della coppia unita in matrimonio.”

 

Un apertura non incredibile, va sottolineato, certamente in linea con la morale cattolica: monsignor Paglia è stato preciso nel parlare di "diritti individuali" e non di "equiparazione" per rendere chiaro un concetto che comunque resta indigesto in certi ambienti della Città del Vaticano.


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