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02/05/24 ore

Violenza sulle donne, in Turchia si deve cambiare


  • Francesca Pisano

Uno sciopero del sesso per opporsi, per dire di no, per punire e sottrarsi alla volontà degli uomini, alla loro predominazione. Questa la protesta lanciata qualche giorno fa dall’associazione turca Sefkat Der della città di Konya, antica capitale della Turchia. Le attiviste chiedono alle loro iscritte, auspicando il coinvolgimento a macchia d’olio del maggior numero possibile di donne turche, di non assolvere i doveri coniugali per 41 giorni, sia nella sfera intima che per quanto riguarda le faccende domestiche che pure si svolgono fra le mura di casa, al servizio degli uomini.

 

Questo appello è un incentivo al cambiamento, un modo per sollevare l’attenzione e destare le coscienze di tutta la popolazione di fronte all’orribile susseguirsi di violenze contro le donne in Turchia. Non ultimi, quello della ragazzina di 13 anni violentata ripetutamente da un branco di 29 uomini, accaduto nella Turchia occidentale, e quello di una dodicenne, stuprata per 7 mesi da 26 uomini, nell’Anatolia sud-orientale.

 

Questi fatti, terrificanti, per i quali si attendono ancora i processi, si confrontano con i risultati agghiaccianti di un sondaggio sulla violenza domestica condotto dal Centro per i problemi della Donna dell’Università di Kirikkale, in collaborazione con la ong Mutlu Cocuklar Dernegi (Associazione dei bambini felici).

 

Secondo la ricerca portata avanti nei confronti di uomini con età maggiore di 18 anni in alcune città della Turchia moderna quali Adana, Ankara, Istanbul, İzmir, Erzurum, Trabzon e Malatya, caratterizzate da uno stile di vita occidentale, per il 34% degli intervistati la violenza sulle donne è “occasionalmente necessaria”, il 28% la ritiene un metodo per disciplinarle. L’11,5 % degli intervistati ritiene che il marito abbia il diritto di diventare violento contro la moglie, mentre il 37,5% si appella ai “principi” dell’onore e la disciplina come giustificazione. Inoltre il 23,4% reputa l’essere violenti una valida reazione alle provocazioni femminili.

 

Il Ministero per la famiglia e le politiche sociali turco ha diffuso il dato secondo il quale fra il 2009 e il 2012 sono state uccise in Turchia 396 donne. Tutti questi casi rappresentano il tragico epilogo di violenze domestiche reiterate.

 

Il Paese della mezzaluna vive quindi la contraddizione sociale di una reazionaria concezione della donna che viene vista come elemento familiare che deve rispettare la figura dell’uomo in modo accondiscendente e subordinato e, allo stesso tempo, la crescita di importanza delle donne nei ruoli istituzionali e di prestigio intellettuale.

 

L’appello lanciato dall’associazione Sefkat Der sembra voler esprimere l’esigenza di fare un salto in avanti, il desiderio di recuperare il passo nel cammino del cambiamento verso la parità di genere, per quanto risulti spontaneo temere la riuscita di una protesta che debba realizzarsi proprio fra le mura domestiche.

 

Certamente le opinioni conservatrici rinsaldatesi, confermate anche dal risultato dei sondaggi, sono strettamente collegate al ritorno dei valori di una società patriarcale islamica favorita dai dieci anni di potere del premier islamico Recep Tayyip Erdogan, a discapito dell’affermazione delle componenti sociali più laiche ed europee.

 

L’Europa, tuttavia, non può lasciare inascoltata la volontà di cambiamento che pur deriva dalle donne turche e da quelle parti della società che avvertono l’esigenza di modificare il corso delle vicende politiche e sociali. D’altra parte la questione della violenza sulle donne ha purtroppo grande risonanza anche in territorio europeo, basti pensare all’Italia, nella quale pure i dati su questo fenomeno portano il nome sempre più frequentemente pronunciato di femminicidio

 

Su questa strada, nel maggio 2011, molti paesi europei e non, fra i quali la stessa Turchia, hanno deciso di sottoscrivere la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta nei confronti delle donne e la violenza domestica. Questo documento riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione.

 

Gli Stati firmatari si sono impegnati a prevenire il verificarsi di questi reati perseguendo il cambiamento degli atteggiamenti, dei ruoli di genere e degli stereotipi che rendono accettabile la violenza nei confronti delle donne. Inoltre, hanno espresso la volontà di proteggere e sostenere le vittime, punire gli autori delle violazioni, facendosi carico di una serie obiettivi volti allo sviluppo del cambiamento politico e sociale.

 

E’ necessario, quindi, che continui il confronto fra l’Europa e la Turchia, da tempo aspirante membro dell’Unione (anche se con meno convinzione del passato), perché si combatta il pericolo di ulteriori degenerazioni e perché gli impegni presi riempiano di reale significato quelle firme sulla carta.


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