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02/05/24 ore

Bielorussia, un Paese represso



'Ciò che non è permesso, è vietato': accade in Bielorussia e a documentare una delle più asfissianti forme di repressione della società civile è l'ultimo rapporto di Amnesty International. Manifestazioni, organizzazioni, associazioni, riunioni, proteste sono parole oramai estromesse dal vocabolario ufficiale di un Paese in cui qualsiasi forma di opposizione, di critica viene sistematicamente soppressa grazie ad una legislazione ferocemente restrittiva, che i pubblici ufficiali applicano in modo da diminuire ulteriormente gli spazi per la libertà di espressione collettiva o singola.

 

Dare vita ad organismi della società civile, scendere in piazza a esprimere pacificamente la propria opinione o semplicemente far parte di una qualsivoglia organizzazione significa sfidare, senza possibilità di trionfo, le autorità di Minsks e la durissima 'Legge sulle azioni di massa', una normativa che, di fatto, viola il diritto umano fondamentale di prendere parte ad una manifestazione: “Anche la marcia o la protesta di una sola persona è considerata una violazione di quella Legge – spiega Heather McGill, ricercatrice di Amnesty International sulla Bielorussia – Si può essere processati per aver preso parte a una marcia solitaria o multati per aver consegnato un omaggio in un luogo pubblico”.

 

Dopo le elezioni presidenziali del dicembre 2010, venne organizzata per le strade della capitale la più grande manifestazione della storia recente della Bielorussia, soffocata immediatamente con una violenza inaudita: furono arrestate oltre 700 persone, moltissime altre furono picchiate e ferite senza pietà mentre quattro prigionieri di coscienza sono in carcere da allora.

 

Nel 2011 gruppi di persone in tutto il paese diedero perciò vita alle cosiddette 'proteste silenziose', camminando muti, applaudendo o attivando in contemporanea la suoneria dei cellulari: per molti di loro le punizioni contemplarono multe salatissime e lunghi periodi di detenzione amministrativa.

 

Visti i rigidi requisiti da rispettare, inoltre, nessun partito politico è stato registrato a partire dal 2000 e gli iscritti ai sindacati indipendenti sono costantemente discriminati e perseguitati. Aleh Stakhaevich, un autista di una cava di granito, è stato eletto presidente di un sindacato indipendente i cui iscritti, secondo quanto previsto dalle leggi in materia, hanno informato il datore di lavoto e chiesto il permesso di avere una sede legale: l'azienda si è opposta e ha iniziato a braccare i potenziali nuovi iscritti. Stakhaevich è stato accusato di guida imprudente ed è stato licenziato.

 

Ales Bialiatski, presidente di un'organizzazione per i diritti umani cui è stato ritirato il riconoscimento nel 2003, è in carcere dal 2011 per aver ricevuto donazioni per il suo impegno sui suoi conti bancari aperti in Polonia e Lituania dopo che gli era stato proibito di aprire un conto nelle banche bielorusse.

 

“La Bielorussia deve consentire alla sua popolazione di esprimersi liberamente senza timore di subire repressione – ha dichiarato infine McGill - Le autorità devono riesaminare tutti i decreti presidenziali e le leggi relative alla registrazione e alle attività delle Organizzazioni non governative e assicurare che i funzionari pubblici rispettivo il diritto alla libertà di associazione e di riunione”. (F.U.)


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