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24/12/24 ore

Aborto, la minaccia conservatrice contagia la Svizzera



A procedere a passo di gambero sul sabbioso terreno della libertà di scelta non è solo la Spagna di Rajoy. Il 9 febbraio la Svizzera andrà alle urne per votare un referendum che potrebbe interrompere il finanziamento pubblico dell'interruzione volontaria di gravidanza.

 

L'iniziativa popolare 'Il finanziamento dell'aborto è una questione privata' prevede infatti che sia l'aborto sia la riduzione embrionale (cioè l'eliminazione di un embrione per consentire la sopravvivenza di quelli rimasti) siano escluse dall'assicurazione sanitaria obbligatoria: un'azione che, sostengono gli organizzatori, permetterà di risparimare “tra gli otto e i venti milioni di franchi” (tra i 6 e i 17 milioni di euro) evitando inoltre a chi non vuole “cofinanziare l'aborto” di mettersi a posto con la coscienza.

 

Secondo i promotori dell'iniziativa, quasi tutti appartenenti al partito conservatore di ultradestra popolare svizzero (Svp), la scelta di rinunciare ad una gestazione è, e deve restare, una “questione strettamente privata”, avulsa dalla società sulla quale, di conseguenza, non può gravare; non essendo poi l'aborto una malattia, chi si dichiara contrario alle norme concernenti l'interruzione volontaria di gravidanza non dovrebbe contribuire co i suoi premi della cassa malati al finanziamento previsto dalla legge.

 

La possibilità dell'aborto, spiegano i comitati organizzatori del referendum, “non viene messa in discussione con l'iniziativa di domenica”. Ma se quest'ultima dovesse invece essere approvata, il rischio di un pesante ritorno all'aborto clandestino sarebbe più che reale, soprattutto per le donne con delle difficoltà economiche tali da non potersi permettere di pagare l'intervento.

 

La vittoria del sì, oltre a rappresentare un chiaro attacco ai principi di solidarietà e giustizia sociale, significherebbe dunque meno aborti sicuri, più clandestinità, più complicazioni, più decessi: tutto il contrario di quanto votato dal popolo solo 12 anni fa.

 

In Svizzera, infatti, la battaglia per la depenalizzazione dell’aborto si è conclusa, dopo un iter durato quasi 30 anni, nel 2002, quando il 72,2 per cento dei cittadini ha approvato con un referendum il cosiddetto régime du délai che consentiva di interrompere una gravidanza fino alla dodicesima settimana, anche in assenza di un rischio grave per la salute della madre, e confermava l’obbligo di rimborso.

 

La conferederazione elvetica rimane comunque uno dei paesi con il tasso di aborto più basso al mondo, 6,4 aborti ogni mille donne contro una media mondiale stimata al 28 per mille: un dato che, se associato a quello secondo cui gli aborti in Svizzera incidono per lo 0,03 per cento sulle spese per l'assicurazione sanitaria obbligatoria, rivela la natura liberticida e conservatrice di un provvedimento che punta a ridurre i finanziamenti per minare il diritto all'aborto. Obiettivo che, a quanto pare, sta prendendo spaventosamente piede nella sempre più fragile realtà europea. (F.U.)


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