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24/12/24 ore

Roberto Berardi, storia di un italiano prigioniero della Guinea Equatoriale



“Da più di un anno sono imprigionato e da due mesi sono in una cella di isolamento senza vedere luce e ricevo bastonate e frustate”. Poi le immagini, riprese probabilmente con un telefonino, in cui un corpo smagrito porta sulla schiena le piaghe rosse delle violenze subite.

 

“Spero di riuscire a resistere almeno per poter vedere i miei figli” sono le ultime parole di Roberto Berardi, l'imprenditore italiano rinchiuso in un carcere in Guinea equatoriale perchè accusato di truffa e appropriazione indebita dopo un processo-farsa. Grazie ai familiari dell'uomo, 50enne originario di latina, è stato possibile ricostruire l'assurda storia di questo imprenditore edile, da decenni impegnato in numerosi lavori in Africa.

 

Dopo 16 anni trascorsi in Camerun e Costa d'Avorio senza alcun problema, Berardi ha costituito in Guinea Equatoriale una società, la Eloba Costruzioni, di cui deteneva il 40% delle quote sociali, mentre il restante 60% apparteneva a Teodorin Obiang, figlio del presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo.

 

A gennaio dello scorso anno Berardi aveva scoperto alcune operazioni illecite sul conto corrente dell'impresa e aveva chiesto spiegazioni al socio: la notte seguente l'imprenditore italiano è stato prelevato da casa e sbattuto in una cella con l'accusa di frode fiscale.

 

Un anno dopo Berardi è ancora in quella cella, sottoposto a trattamenti degradanti, a costanti sevizie, ammalato di malaria e privo di qualsiasi assistenza medica. Per questo motivo il presidente della Commissione per la tutela dei Diritti umani, Luigi Manconi, ha annunciato di aver “presentato un'interrogazione urgente al ministro degli Esteri, che già da tempo segue la vicenda” affinché siano “moltiplicati gli sforzi per tutelare l'incolumità e il rispetto dei diritti fondamentali” di Berardi.

 

La Farnesina, ricorda il senatore Pd, “si è interessata alla sua vicenda, in ultimo attraverso l'opera del vice ministro Pistelli, ma finora dalla Guinea Equatoriale – dove peraltro non esiste una rappresentanza diplomatica italiana – non sono giunte notizie positive”. Forse, prosegue Manconi, le immagini del corpo “offeso e torturato” di Berardi e l'attenzione dei media potrebbero condurre a un “mutamento di orientamento da parte del governo della Guinea Equatoriale”. La parola d'ordine, adesso, è dunque 'fare presto'.


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