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15/05/24 ore

Cina, il pressing del regime contro le confessioni cristiane


  • Francesca Pisano

Il governo cinese non si smentisce mai. Il regime continua a far sentire il suo peso, senza allentare la morsa dell’oppressione, talvolta con la falsa pretesa di apportare giustificazioni ad antiche forme di prevaricazione che si manifestano in nuovi, impensati, divieti. 

 

E’ successo lo scorso aprile che la Chiesa di Sanjiang, nella città di Wenzhou, appartenente alla Cina sudorientale sia stata demolita, sotto gli occhi dei fedeli che nelle settimane precedenti avevano attuato una protesta pacifica trincerandosi al suo interno e praticando dei turni per non lasciarla incustodita. A marzo le autorità avevano dichiarato che la struttura fosse stata costruita contro le norme urbanistiche sulla sicurezza e che quindi fosse “illegale”.

 

Ma in realtà la comunità cristiana - e non solo - è convinta che questa manovra sia stata dettata da motivazioni economiche, dal momento che l’area che la chiesa occupava era molto vasta e, soprattutto, la ragione lampante sembra essere quella di limitare ulteriormente la libertà di culto e disperdere i cristiani di Cina, smembrando i loro simboli e il loro credo.

 

Ciò emerge da quanto rivelato nei giorni scorsi dal New York Times che avrebbe messo mano al documento del governo cinese che riguarda la demolizione della Chiesa di Sanjiang; da esso infatti trapela la volontà del regime di svilire il peso e l’importanza che hanno le attività religiose “troppo popolari” coi loro “siti religiosi eccessivi”. Questa manovra rientra in una politica del governo cinese che prevede anche la necessità di rimuovere le croci dai luoghi di culto che siano visibili dalle autostrade, dalle strade nazionali e provinciali.

 

La città di Wenzhou - che è stata definita la Gerusalemme cinese per la cospicua comunità cristiana che la popola - diventa così un bersaglio, simbolo delle confessioni religiose che in quanto tali rappresentano un’altra forma di pensiero rispetto all’uniformità di stili di vita, all’ateismo e alla soggiogazione mentale che il partito pretende dai cinesi.

 

Il governo ha invertito del tutto direzione rispetto a quanto aveva fatto fino a dieci anni fa. Allora, infatti, il partito Comunista aveva condannato oroscopi, feng shui e molti altri riti funerari bollandoli come “superstizione feudale”.

 

Tuttavia nel tempo c’è stato un progressivo riaffermarsi della propaganda da parte delle autorità a favore delle religioni “indigene”, come anche il buddismo o il confucianesimo, proprio per allontanare la popolazione dal cristianesimo, visto come un residuo del colonialismo e capace di influenzare la vita politica e sociale, contro l’ideologia del Partito comunista. 

Un’ondata di persecuzioni contro le chiese cristiane che non le risparmiano nemmeno in quanto “ufficiali”, perché sono cioè registrate al Movimento delle tre autonomie, fedele alla volontà di Mao Zedong che riconobbe come legali solo le congregazioni che fossero iscritte ad esso. Stessa sorte sta toccando contemporaneamente ad altre chiese cattoliche, come quella di Liushi (Wenzhou) demolita lo scorso 3 maggio.

 

I cattolici cinesi devono, secondo le autorità, confluire nell’Associazione Patriottica che costituisce la chiesa di stato, dominata dal partito comunista che influisce fortemente sui precetti, arrivando a stabilire cosa debba essere insegnato nei seminari, nel catechismo, chi possa frequentarli, chi debba diventare sacerdote e cosa debba dire durante le omelie.

 

In tal modo la Chiesa di Roma non viene riconosciuta dal partito ed è anzi il sinonimo delle intromissioni di uno Stato straniero e ostile. E se la Chiesa ufficiale è diventata ormai pericolosa per le autorità di Pechino, del tutto disconosciuta è quella sotterranea che trova dalla sua parte i fedeli che non hanno voluto rompere con la Chiesa di Roma e che non rinnegano il Papa.

 

Contro chi persegue un’alternativa e non si attiene all’unica via segnata dal partito vengono praticati arresti o spedizioni ai lavori forzati nei loagai o ancora altre forme di repressione volte a dissolvere anche solo l’idea di agire diversamente.

 

Nel 2007 Benedetto XVI aveva scritto una lettera alla Chiesa cinese, rivolgendosi tanto a quella di Stato quanto a quella sotterranea, disconoscendo la legittimità dell’Associazione Patriottica rispetto invece all’unicità della Chiesa. La risposta del Partito è stata quella di intensificare la repressione nei confronti di coloro che cercavano di riconciliarsi con la Santa Sede.

 

La situazione si incrina in nuove forme e, mentre l’Occidente è distratto da altri tipi di dialoghi, instaurati sull’onda delle ragioni economiche con il dragone cinese, esiste oggi una schiera senza numero di vescovi, sacerdoti e laici oppressi, per i quali venire alla luce o riunirsi in un luogo di culto diventa sempre più impossibile.

 

 


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