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19/05/24 ore

Orgogliosa del mio credo, la testimonianza di una Yezida in Italia



Coraggio, orgoglio e tolleranza nella prospettiva con cui Ayse, Yezida in Italia, guarda agli avvenimenti atroci che stanno sconvolgendo l’Iraq. Una dura lezione per chi discrimina le minoranze etniche e per i "cacciatori di sette religiose", anche nel nostro paese. La dignità e la forza di un popolo perseguitato, che appartiene ad un gruppo di religioni che continuano quelle della Mesopotania e bollato come "adoratore del diavolo" per millenni, la cui capacità di rialzarsi e guardare avanti contiene un monito non solo verso le politiche in Medio Oriente, ma anche per le politiche d’inclusione sociale e di immigrazione.

 

In questi giorni l’attenzione dei media internazionali è puntata sulla situazione in Iraq per via della preoccupazione che la violenza scatenata dall’Islamic State sta causando alla comunità internazionale. In modo particolare, il mondo è rimasto scioccato dal livello di atrocità delle persecuzioni subite dalla minoranza Yezida. Può dirci come vive le notizie che giungono dall’Iraq e magari darci qualche informazione in più, anche in merito alla tragica distruzione del Tempio di Lalish, che ci risulta essere il cuore pulsante della religione Yezida?

 

Sono scioccata da tutto ciò che stanno facendo al mio popolo, per la crudeltà  degli estremisti islamici (IS). Mi brucia il cuore a vedere degli innocenti morire in una maniera atroce. Nessuno ha il diritto di togliere la vita agli altri. Non provo odio, ma rabbia, tanta rabbia, e penso che il mondo vada troppo lento per aiutare i sopravissuti. Non odio nessuno, perché non mi ha insegnato nessuno questa parola. Amo la vita e credo in Dio e Tausi Melek: sono convinta, come tanti Yezidi, che se muore l’ultimo Yezida sarà la fine dell’umanità. Dio e Tausi Melek daranno fine a tutto su questa terra, quindi finché ci saranno Dio e Tausi Melek ci saranno sempre gli Yezidi! Il Tempio di Lalish non è stato distrutto, ma sono stati distrutti gran parte dei santuari dentro, fuori e intorno al Tempio. Il Tempio è danneggiato, ma è in piedi. Sì, il Tempio di Lalish è il cuore e l'anima degli Yezidi, e la parte piu sacra!

 

Purtroppo il popolo Yezida non è nuovo alle persecuzioni, che hanno un carattere millenario. Ci può descrivere la sua percezione della storia del suo popolo?

 

Noi Yezidi non crediamo nel male. Siamo una delle religioni più antiche del mondo. Siamo sempre stati perseguitati perché hanno sempre interpretato male la nostra religione. La nostra Bibbia, che si chiama "Il Libro Nero", parla di tutte le religioni che verranno dopo di noi; parla della nascita del mondo, di Adamo ed Eva. Già nel Medio Evo, dopo Cristo, ci perseguitavano, ma gli Yezidi si alleavano sempre con i cristiani. Insieme sono sempre stati forti. Il mio popolo è forte e molto credente, per questo è sopravvissuto migliaia di anni, sempre con tanta sofferenza.

 

Alla base delle persecuzioni ai danni degli Yezidi troviamo spesso l’ingiusta accusa di essere "adoratori del diavolo". Sappiamo che l’equivoco nasce dall’ambiguità attribuita alla figura di Melek Ta'us, l’Angelo Pavone, che nella tradizione islamica viene associato a Satana. Ci può spiegare in modo più corretto in che consiste la religione degli Yezidi?

 

La nostra religione consiste nel Dio onnipotente e nei suoi sette Angeli, di cui uno di loro è Melek Ta’us, l'Angelo Pavone: pavone, perché il pavone è un uccello bellissimo dai molti colori, che Melek Ta’us ha scelto come suo simbolo, ma lui si trasforma anche in essere umano per metterci alla prova e mostrarci quanta umanità abbia. Fra i sette Angeli lui è stato l'unico che non si è inchinato davanti ad Adamo ed Eva, perché è stato il primo Angelo creato da Dio e quindi al di fuori di Dio non si inchina davanti a nessuno. Cosi Dio lo apprezzò e affidò l'umanità nelle sue mani. Dio gli diede anche il compito di cacciare Adamo ed Eva dal paradiso, in quanto aveva finito di creare la terra. Così Melek Ta’us fece ciò che Dio gli aveva chiesto: mise in tentazione Adamo ed Eva, convincendoli a mangiare del grano. Loro si gonfiarono e quindi dovettero uscire dal paradiso, perché Melek Ta’us li condusse sulla terra per sgonfiarsi. Allora capirono di aver peccato e così iniziarono a bestemmiare e chiamarlo Satana, cosa che per noi Yezidi è orribile. Nel Tempio di Lalish c’è l'unica copia del Libro, che è scritta in oro, ma gli Yezidi hanno tramandato la religione oralmente da sempre, dai padri ai figli. Gli Yezidi credono nel sole e nel fuoco perché sono gli elementi della vita: le preghiere si fanno verso l'alba e il tramonto, perche così sai che Dio è concentrato su quello.

 

La comunità Yezida più grande d’Europa si trova attualmente in Germania, ma esistono nuclei in tutto il nostro continente. Lo stigma di adoratori del diavolo, che lei sappia, ha colpito la sua minoranza anche in Europa? E lei come vive la sua appartenenza etnico-religiosa in Italia?

 

In Germania c’è la comunità di Yezidi più grande di tutta l'Europa, è vero. Qualche giorno fa c’è stato un attentato in un locale di kebab gestito da uno Yezida. Sono entrati nel locale una decina di terroristi simpatizzanti dell’IS per uccidere il proprietario. Con i loro coltelli sono riusciti a tagliare le dita all’uomo, ma lui difendendosi ha ammazzato uno dei terroristi infilandogli una bottiglia rotta nella gola. Quest’uomo Yezida adesso è sotto la protezione della polizia tedesca. In Italia, per quanto ne sappia io, non ci sono minacce, perché siamo pochi qua: però è molto in pericolo il Vaticano, perché il loro prossimo obiettivo sono i cristiani. Io sono orgogliosa della mia religione e del mio popolo, da Yezida sono nata e da Yezida morirò. Paura non ne ho, perché esistono Dio e Tausi Melek, che vegliano sempre su di noi.

 

Dalle notizie che arrivano dal Kurdistan apprendiamo che oltre 100.000 Yezidi rifugiati sul monte Sinjar sono stati salvati dal corridoio umanitario creato dalla resistenza curda e hanno trovato rifugio nel Royava. Questa regione autonoma rappresenta una realtà di cui si parla poco, sebbene secondo alcune fonti vanterebbe la costituzione più liberale del Medio Oriente, che garantisce pari dignità a tutti i gruppi etnici e religiosi inclusi nel territorio. Lei può dirci di più in merito al Royava e alla resistenza che il popolo curdo sta opponendo all’avanzata dell’Islamic State?

 

I profughi sono stati salvati dal PKK. Il Rojava sarà momentaneamente il rifugio più importante e sicuro. Il PKK, l’YPG e i peshmerga si impegneranno per mettere in sicurezza Shengal, per poi far tornare i profughi nuovamente a casa. Il PKK sta addestrando i peshmerga per la difesa. In Rojava i profughi sono più al sicuro perché c’è anche l’YPG, che è la "difesa delle donne". Fanno paura all’IS: non vogliono morire per mano delle donne, perché temono l'inferno. 

 

Un recente articolo apparso su Gulf News che illustra le minoranze a rischio genocidio in Iraq, come i Sabei, i Ba’hai, i Rom iracheni (Kawliyah) e gli stessi Yezidi, mette in luce come tali gruppi vivano una situazione difficile dal punto di vista dei diritti umani in tutto il mondo. In Italia la discriminazione dei Rom è oggetto di continue polemiche, e sono varie le minoranze religiose etichettate come "sette" che subiscono forme di stigmatizzazione. Lei, come appartenente a una delle minoranze che oggi purtroppo stanno soffrendo di più, che impressione ha del livello di tolleranza nel nostro paese nei confronti delle altre culture?

 

La tolleranza degli italiani verso gli altri popoli è certamente poca, e l’interesse quasi zero. Vedo e sento molta ignoranza, menefreghismo e anche razzismo. Gli italiani condannano troppo in fretta, prima di ragionare. Dicono che i Rom rubano, ma il motivo concreto neanche loro te lo sanno dire. Non è che per caso nessuno gli dà un lavoro solo perché sono Rom? Questa è discriminazione. Quando dico che sono curda la gente mi risponde: "Che cos'è?". Quando lo spiego mi dicono: "Dai, sei turca". Mi dà fastidio perché ci tengo a essere chiamata per quello che sono, e sono molto, molto fiera di essere curda. In Italia non ho ancora capito, dopo diciassette anni che sono qua, se gli italiani hanno una mentalità chiusa verso gli altri oppure se ignorano solo le minoranze perché non sono popoli "popolari". Io personalmente non ho mai subito discriminazioni per la mia provenienza, ma ho avuto problemi quando ho detto che sono Yezida. Non sanno che significa, solo che poi vanno su Internet a leggere: lì non c’è scritto bene ciò che siamo realmente. Io penso che alcuni articoli che trovi su Google siano sicuramente scritti da estremisti islamici, per metterci in cattiva luce agli occhi altrui.  

 

Camillo Maffiae Gianni Carbotti

 

 


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