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24/11/24 ore

Libertà religiosa: un problema laico



 A una settimana di distanza dalla pubblicazione del rapporto annuale statunitense sulla libertà religiosa, che ha confermato la crescente tensione per i gruppi religiosi minoritari nel mondo dovuti ai cambiamenti politici e demografici nel 2011, abbiamo assistito alla tragica strage del Tempio Sikh di Oak Creek. Il Presidente Obama, esprimendo il suo cordoglio, ha ribadito come il diritto di praticare la propria fede sia un diritto universale, sottolineando come sia obiettivo degli USA la difesa della libertà religiosa in America e nel mondo.

 

Con tutte le contraddizioni inevitabili in una società dalla storia così multiculturale e multietnica e nonostante i retaggi di diffidenza cresciuti sulle tracce dell’11 settembre, il modello americano è a tutt’oggi il più avanzato e innovativo perché sente quello della libertà di fede come un problema laico e non religioso.

 

Il dibattito non è lasciato ad appannaggio delle principali confessioni, come accade invece troppo spesso in Italia, ed è compito del Parlamento, delle forze dell’ordine, degli americani tutelare i diritti religiosi, a qualunque fede essi appartengano, senza fare mistero né di quali siano le religioni maggioritarie, né dei valori su cui si fonda la morale americana.

 

Fa spesso impressione, ad esempio, agli italiani notare come la Chiesa di Satana, il Tempio di Seth o il Washington Kali Temple siano realtà religiose al pari delle altre, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Il principio alla base di questi riconoscimenti è il fondamento stesso della laicità: se rispetti le leggi dello Stato puoi adorare qualsiasi divinità, sia a casa tua che nel tempio preposto.

 

Vivendo in un paese in cui la propaganda diffamatoria dei culti minoritari ha fatto sì che l’italiano medio sia convinto ormai che esistano terribili sette votate al Male pronte a convertire o a sacrificare i suoi figli, è difficile non prendere coscienza di una situazione in cui le confessioni maggioritarie, com’è naturale nel Far West legislativo che le regolamenta, s’impegnano fin troppo a cercare un dialogo interreligioso nell’assenza di una parificazione di matrice istituzionale.

 

Tempo fa parlavo con un sostenitore della laicità e gli accennavo il problema della persecuzione religiosa in Occidente. Mi rispose che i culti sono tutti pericolosi e che dovremmo liberarci da queste superstizioni. E’ in questi momenti che emerge la falsità della contrapposizione, creata ad arte, tra mondo laico e mondo religioso in Italia: c’è un conflitto d’idee tra atei e cattolici, che non dovrebbe riguardare né i laici né tantomeno i religiosi.

 

Ne è un esempio il dibattito sul testamento biologico. Si ricorda troppo di rado che per molte confessioni l’alimentazione forzata, che la Chiesa cattolica ha accolto come irrinunciabile nella vita di un fedele, vada contro precetti religiosi altrettanto validi e degni di quel rispetto che la Costituzione gli garantisce. Nessuno certo dovrebbe obbligare un cattolico a rinunciare a sottoporsi a macchine o sistemi artificiali che lo mantengano in vita, ma neppure si può costringere un testimone di Geova a subire un trattamento così alieno alla propria fede.

 

Se in Italia a tutti i culti fosse riconosciuta pari dignità attraverso un registro delle confessioni paritario e democratico, si eviterebbe non solo la prevaricazione di religioni maggioritarie sulle questioni etiche, ma anche inutili allarmismi su culti minoritari che, una volta regolarmente registrati e “alla luce del Sole”, sarebbero tutelati senza dare adito a pregiudizi e sospetti, nel rispetto dei propri diritti e doveri.

 

E’ in questo che il modello statunitense si pone in maniera particolarmente valida, così come lo è l’idea di fare un rapporto annuale sui diritti religiosi a cura del dipartimento di Stato. L’antiamericanismo facile può bollarlo come una valutazione invasiva del “livello di libertà” degli altri paesi, ma nessuno vieta agli altri paesi di stenderne uno anche loro.

 

Ad ogni modo, l’analisi del dipartimento di stato americano conferma il diffuso sentimento di preoccupazione che sta portando il dibattito sulla libertà religiosa sempre più al centro delle cronache mondiali. Il rapporto nota ad esempio come se da un lato la Primavera Araba ha permesso a gruppi oppressi in Medio Oriente di muovere i primi passi per un riconoscimento delle loro libertà religiose, dall’altro proprio questo ha esacerbato tensioni pre-esistenti.

 

In Egitto all’introduzione di nuove leggi antidiscriminatorie e alla riapertura di chiese che erano state chiuse dal regime si è affiancato un crescendo della violenza sui cristiani copti. In Libia, sebbene si sia tentato di attenuare alcune delle leggi volute da Gheddafi in merito all’islam, l’apparato legislativo non ha subito modifiche sostanziali con la caduta del regime. In Birmania, come già accennato da chi scrive in un precedente contributo a questa testata, sono state imposte nuove restrizioni sulla minoranza musulmana Rohingya, cui si sono accompagnati dei passi avanti da parte del regime nei confronti del gruppo buddhista, inclusa la scarcerazione di alcuni monaci.

 

Il rapporto parla chiaramente di un crescendo di tensione in Europa, dove l’aumento della diversità religiosa ha causato un aumento parallelo di sentimenti xenofobi, antisemiti e anti-islamici. In diverse regioni le autorità hanno fallito nella capacità di distinguere tra violenti gruppi terroristici e pacifiche comunità religiose, finendo col contribuire all’intolleranza religiosa e a limitare la libertà di culto.

 

In Bahrain lo stato di emergenza ha portato all’arresto di dimostranti la cui ampia maggioranza era sciita e si è giunti alla demolizione di 53 strutture religiose, secondo la commissione indipendente d’inchiesta che ha raccomandato al governo di ricostruire gli edifici.

 

In Russia, la violenza dell’estremismo nella regione caucasica settentrionale ha causato un’applicazione delle leggi anti-terrorismo tale da ridurre considerevolmente la libertà dei gruppi religiosi minoritari, giustificare raid e arresti sulle organizzazioni ad essi riconducibili e coinvolgimenti arbitrari di musulmani con associazioni identificate dalla legge come pericolose.

 

In seguito a incidenti violenti, l’Iraq ha stretto ulteriormente la morsa sulle confessioni minoritarie, provocando l’esodo di numerosi non-musulmani. La situazione nigeriana vede le azioni violente degli estremisti riconducibili a “Boko Haram” senza conseguenze giuridiche adeguate ai danni e ai rischi che hanno comportato per le vite sia dei cristiani che dei musulmani.

 

In base al rapporto, si registra un aumento anche dell’utilizzo delle leggi relative ai reati di blasfemia e apostasia allo scopo di minare la libertà delle religioni minoritarie. Se in Arabia Saudita simili infrazioni, punite secondo la legge con la pena di morte, hanno significato per la maggior parte degli imputati lunga detenzione, in Pakistan Aasia Bibi attende ancora l’esito del suo ricorso contro la sentenza di morte del 2010, mentre numerosi individui sono stati uccisi per aver criticato l’abuso delle leggi sulla blasfemia, tra cui Salman Taseer, governatore del Punjab, e Shahbaz Bhatti, Ministro delle Minoranze. Detenzione e violenze anche in Indonesia per blasfemia e sugli Ahmadis in modo particolare.

 

In una simile situazione mondiale, viene da chiedersi quale sia il ruolo dell’Occidente e dell’Europa. I difetti della relazione americana mettono involontariamente in luce quali sono gli sbagli che l’Ovest sta facendo nel corso di questa sfida: innanzitutto, non è contemplata una scheda sugli Stati Uniti e questo può accrescere la percezione di un paese che dà le pagelle a tutti gli stati del mondo senza fermarsi un istante a guardare i possibili guai di casa propria, il che rischia di far aumentare l’insofferenza di alcuni paesi nei confronti sia dell’Occidente che delle critiche mosse. Inoltre, non c’è rapporto tra i culti minoritari antichi e recenti che sono citati nel rapporto e la loro rilevanza storica e demografica.

 

Si pone ad esempio un enorme accento su un culto come quello di Scientology, presente in molte schede-paese, che conta tra i quaranta e i cinquantamila praticanti in tutto il mondo, e meno sulla comunità evangelica, che pure vive condizioni difficili in molti paesi, a cominciare dall’Indonesia, o sulle religioni animiste e sciamaniche, estremamente diffuse e radicate anche laddove permeate dal sincretismo con le religioni monoteiste.

 

Una così puntuale attenzione sulle condizioni di una confessione dalle origini recenti e dal basso numero di adepti a discapito di religioni più antiche e diffuse non fa che alimentare la popolare identificazione tra Scientology e i servizi segreti americani, rafforzando questo pregiudizio per la gioia del popolo di Internet che si è scatenato sui forum online a contare il numero di volte in cui la parola “Scientology” si ripete nel rapporto USA.

 

Nessuna menzione dei nuclei pagani in Europa, nonostante la lunga persecuzione e l’antica realtà di stigmatizzazione nel continente; scarsa attenzione alla nutrita minoranza induista in Africa, soprattutto se rapportata alla storia di discriminazione etnico-religiosa che la popolazione indiana ha alle spalle in vari stati africani (Kenya, Etiopia, Eritrea, Mozambico etc.).

 

Simili sviste sono emblematiche dei due sbagli principali che l’Occidente rischia di fare nell’affrontare questo problema, ovvero suscitare la percezione di ergersi a giudice non riconosciuto di culture diverse predicando bene e agendo peggio, e trascurare la vita dei gruppi religiosi non organizzati.

 

Viene spontaneo notare, a questo proposito, come proprio pagani e induisti siano fra i pochissimi soggetti spirituali che, pur essendo tra i più antichi del mondo, non hanno una chiesa o un’organizzazione internazionale che li coaguli. Nonostante questi limiti, il Rapporto è molto puntuale e altrettanto prezioso per un attento esame della questione.

 

La situazione nell’Unione Europea emerge nel suo divario tra diritti sanciti ed effettive tutele, unito alla distanza che separa i paesi membri fra loro, e si può riassumere brevemente. In Austria si sono verificati nel 2011 57 attacchi antisemiti da parte di gruppi neonazisti. In Belgio c’è stato un crescendo di discriminazione dei musulmani a livello sociale e condizioni difficili per le minoranze religiose identificate ufficialmente come “culti” o “sette”: sono state invocate riforme del sistema di riconoscimento dei culti ma non c’è ancora stato alcun passo avanti significativo. In Bulgaria si sono verificati episodi d’intolleranza da parte di pubblici ufficiali, atti vandalici antisemiti, assalti alle moschee. La Danimarca ha visto tensioni con i musulmani e il rapporto sottolinea i privilegi concessi alla chiesa di Stato, quella luterana. In Estonia e in Finlandia, eccetto pochi episodi sporadici, i diritti religiosi sono invece tutelati e radicati a livello sociale. In Francia non sono mancate tensioni e restrizioni da parte del governo nei confronti di espressioni religiose pubbliche. In Germania gli Stati Uniti sottolineano la positività del ruolo del governo, ma anche le tensioni tra comunità religiose e funzionari antisette locali, utilizzati dalla chiesa cattolica e protestante con scopi discriminatori in modo particolare contro Scientology, secondo quanto afferma il rapporto. In Grecia permangono i privilegi e lo status della Chiesa ortodossa e si sono verificate varie forme di discriminazione sui musulmani. In Irlanda il governo tutela la libertà religiosa e si fa riferimento solo a episodi isolati di tensione.

 

In Italia si parla dello status della Chiesa Cattolica e di rare tensioni. Il Rapporto nota come i privilegi concessi al cattolicesimo siano tali da suscitare polemiche, e così le restrizioni ai gruppi musulmani, e segnala preoccupanti episodi di antisemitismo e di discriminazioni verso gli islamici a livello sociale. Qui i funzionari antisette con scopi discriminatori non sono stati notati dagli analisti statunitensi, pur essendo non solo membri della Chiesa Cattolica, ma pagati dai contribuenti come consulenti della Squadra Antisette della Polizia di Stato.

 

E’ affascinante notare, sempre per la gioia del malizioso popolo di Internet, come il movimento antisette nostrano, nonostante i casi mediatico-giudiziari che ha scatenato causando l’incarcerazione di innocenti a cui nessuno ha chiesto scusa, non ha mai colpito in modo diretto Scientology.

 

Per qualche ragione, comunque, le carenze legislative riscontrate nel Belgio e le attività di monitoraggio discriminatorio sottolineate in Germania sono sfuggite nella relazione sul nostro paese, che pure non ha istituito alcun registro delle confessioni, è attraversato da varie forme di discriminazione nei confronti dei gruppi denominati “culti” o “sette” e ha dei funzionari antisette piuttosto simili a quelli descritti nella scheda-paese tedesca in relazione alla chiesa di Ron Hubbard.

 

Diciamo questo tralasciando programmi televisivi come “Vade Retro” di TV2000, in cui l’oltranzismo cattolico, prevalentemente nella persona del consulente della magistratura e della Squadra Antisette della Polizia di Stato don Aldo Buonaiuto, divenuto tale in seguito al successo mediatico della setta da lui inventata “Angeli di Sodoma” nel 2002, scopre la televisione con lo stesso entusiasmo con cui Goebbels scoprì la radio e ne fa un uso analogo nei confronti dei culti minoritari ma non solo, se pensiamo alla disinvoltura con cui Monsignor Gemma dissertava, nella puntata conclusiva, di possessione diabolica e sindrome di down.

 

La stessa nonchalance con cui, dall’inizio dell’anno, sono stati praticati centinaia di esorcismi su persone affette da disabilità mentale e disordini psicologici, spesso senza neanche l’autorizzazione della stessa Chiesa cattolica, la quale, essendo una realtà molto vasta, intraprende sforzi importanti ogni anno nel dialogo interreligioso macchiati dalla propaganda oltranzista e dalle azioni sconsiderate di pochi sacerdoti arrivisti e determinati. In Lettonia si sono verificate tensioni sociali prevalentemente antisemite. In Lussemburgo e a Malta, la libertà religiosa è tutelata e non è pervenuta alcuna notizia di episodi discriminatori. Nei Paesi Bassi, invece, il Rapporto identifica tensioni sociali contro ebrei e musulmani, osteggiate però duramente dal governo con la collaborazione delle ONG. In Polonia alle tensioni si sono accompagnati vandalismi occasionali. In Portogallo non sono stati registrati casi di minacce alla libertà di culto, tutelata a livello legislativo. Nel Regno Unito si sono invece verificati episodi di discriminazione cui si è contrapposta, secondo quanto sottolinea il rapporto, l’azione positiva del governo. In Repubblica Ceca ci sono stati passi avanti nei confronti dei gruppi minoritari religiosi.

 

Il rapporto registra anche tensioni sociali di natura prevalentemente anti-islamica e antisemita. In Romania permangono le tensioni dei cattolici greci con il governo per via delle azioni compiute in passato dal regime e le discriminazioni e ostilità verso i non ortodossi. Nella Repubblica Slovacca si segnala il dialogo religioso da parte del governo, poche tensioni e una persistenza dell’antisemitismo presso parte della popolazione. In Slovenia e in Spagna la libertà religiosa è tutelata e si sono verificati solo episodi di tensione sporadici. Anche in Svezia casi di discriminazioni, con passi avanti positivi da parte della società civile. In Ungheria ai progressi sul piano legislativo si è contrapposta infine la retorica di gruppi politici antisemiti.

 

Una situazione talmente frastagliata e costellata di episodi gravi e carenze giuridiche dovrebbe essere affrontata dal Parlamento europeo con l’obiettivo di una riforma che permetta di rendere fattivi negli Stati membri i diritti sanciti dalla Carta.

 

Se le forze laiche europee volessero sostenere una condizione paritaria dei gruppi religiosi in Europa all’insegna del rispetto dei diritti umani e della convivenza civile, sarebbe indispensabile portare avanti l’obiettivo di un registro europeo delle confessioni, in assenza del quale anche il ruolo del Tribunale di Strasburgo rischia di essere menomato a causa della mancanza di parametri a cui affidarsi. Questo può portare solo a sentenze sull’esposizione o meno del crocifisso laddove la vita dei gruppi religiosi minoritari di vari paesi europei non viene neanche riconosciuta in quanto tale.

 

Camillo Maffia


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