Accuse di sabotaggio, iniziative editoriali, “un’indebita attenzione mediatica”. Il secondo atto del Sinodo della famiglia, apertosi il 4 ottobre scorso, ha rievocato, nelle sue premesse, il preludio burrascoso dell’Assemblea straordinaria di un anno fa, quando cinque cardinali, difensori della dottrina, sferrarono la loro offensiva conservatrice. Non passò, certo, inosservato lo straordinario tempismo con cui la raccolta di interventi dei cinque varcò la soglia delle librerie, ma ben più significativo apparve l’attacco che essi sembrarono muovere contro una Chiesa finalmente tesa a cogliere lo spirito dei tempi - in particolare sul fronte dell’ostia ai divorziati - o, per dirla con parole di Francesco, a “percepire l’odore degli uomini d’oggi”.
A distanza di un anno una nuova bomba ad orologeria: a sganciarla è stato il sacerdote polacco Krzysztof Charamsa che, alla vigilia del Sinodo, ha dichiarato la propria omosessualità in nome di tutti quei sacerdoti gay, molti a detta sua, nascosti nell’ombra. Ѐ pronto per la stampa il suo libro-confessione, che non potrebbe ambire ad una pubblicità più efficace di quella assicurata, senza ulteriori sforzi promozionali, dall’affermazione “Sono gay ed ho un compagno”, pronunciata ancora nelle vesti di ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Anche “l’amore omosessuale ha bisogno della famiglia”: il messaggio lanciato ai padri sinodali, con il dito puntato contro l’omofobia esasperata e paranoica della Chiesa, è passato presto in secondo piano per via dello stato di violazione di castità e celibato in cui è vissuto per anni il dissidente.
Se le immagini che lo ritraggono in veste religiosa con il compagno catalano hanno fatto il giro del mondo, è stata altrettanto virale la notizia divulgata dal vaticanista dell’Espresso, presto etichettata come “atto di disturbo”, circa una lettera polemica sottoscritta da 13 cardinali, molti dei quali hanno prontamente smentito, e inviata a Bergoglio nella fase iniziale del sinodo. Sotto accusa nella misteriosa missiva sarebbe stata la metodologia adottata per i lavori, tesa a favorire il raggiungimento di “risultati predeterminati” in senso progressista. L’eccessivo protagonismo della questione inerente all’ostia ai divorziati risposati civilmente sarebbe stato il sintomo più evidente di questa deriva.
A sostegno della tesi avanzata dai teorici di un complotto è venuto in soccorso, mercoledì scorso, lo scoop di “Quotidiano nazionale” su una presunta malattia del Papa. Immediata la replica: Francesco “è pieno di energia” ha assicurato il cardinale Walter Kasper nel commentare il colpo basso, mentre il Sostituto alla Segreteria di Stato ha rivelato che il diretto interessato ci avrebbe persino scherzato su.
In sostanza, tra “veleni”, “menzogne”, esclusive, falsi d’autore, abili o maldestre manipolazioni si sono svolti i lavori del sinodo, che si è concluso sabato 24 ottobre con il voto compatto - più dei 2/3 dei padri - sulla Relatio finalis. Una bozza, redatta da una commissione di 10 membri e accolta con particolare entusiasmo, è stata modificata alla luce degli ultimi 51 interventi per poi essere messa ai voti e sottoposta al Papa. Così i 1355 emendamenti, frutto del lavoro dei 13 circoli minori suddivisi per lingua, hanno trovato una sintesi nel documento finale.
Nel capitolo III della Relatio, in particolare, si affrontano quelle situazioni definite “complesse” e che necessitano di un accompagnamento: unioni di fatto, matrimoni misti e con disparità di culto, famiglie monoparentali, fino ad arrivare all’atteso punto 76, dedicato alle famiglie che “vivono l’esperienza di avere al loro interno persone di tendenza omosessuale”. Dal giro di parole già si deduce che la questione dell’omosessualità, nonostante la condanna di ogni “marchio di ingiusta discriminazione”, sia affrontata in modo indiretto e senza concessioni di ordine progressista.
L’apertura sacramentale ai divorziati risposati civilmente è stata, invece, risolta nell’affermazione del “discernere quali esclusioni possano essere superate”, con la novità della caduta del divieto assoluto della somministrazione della eucaristia ai risposati. La Chiesa è una “madre” che accoglie sempre, si legge nel testo, e per queste ragioni i divorziati risposati non devono, in alcun modo, sentirsi scomunicati.
Si è dunque imposta la linea del “caso per caso” promossa dai tedeschi, e affermato con forza il binomio “integrazione e discernimento”. Su tutti e 94 i punti della Relazione è stato raggiunto il quorum, ma sulla questione più controversa trattata nei numeri 84, 85 e 86 il margine ben più sottile delinea, chiaramente, la spaccatura dei padri. Di opinioni diverse, espresse con “metodi talvolta non del tutto benevoli”, e di scontri culturali ha parlato Francesco nel discorso conclusivo, ponendosi domande sul significato del percorso degli ultimi due anni.
Quella che esce dal Sinodo è dipinta da Bergoglio come una Chiesa vivace, che si sporca le mani “discutendo animatamente sulla famiglia” senza cadere nelle trappole del relativismo e della demonizzazione, che proclama la misericordia prima di dispensare condanne, che difende lo spirito prima che la lettera. “Sbaglia chi si aspetta grandi cambiamenti della dottrina” aveva detto il cardinale statunitense Timothy Dolan, commentando l’elezione di Bergoglio. Non possono che tornare alla mente quelle parole pronunciate nel lontano 2013 e oggi alla prova dei fatti.
Ludovica Passeri
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