Il 24 febbraio una corte penale di Bahrain ha condannato Ibrahim Sharif, eminente leader dell’opposizione e ex-Segretario Generale del partito di sinistra laica Wa’ad, ad un anno di reclusione con l’accusa di “incitamento all’odio contro il regime”. Sharif era stato inoltre accusato di “incitamento volto al rovesciamento del governo con mezzi violenti”, ma la Corte ha respinto l’accusa.
Il 12 luglio 2015, Sharif fu arrestato dopo aver tenuto un discorso che auspicava riforme democratiche. L’arresto è avvenuto solo tre settimane dopo che è stato rilasciato dal carcere, dopo aver scontato quasi tutti dei 5 anni di una condanna per aver richiesto in maniera pacifica una riforma nel 2011. Con Sharif tornato in prigione, il resto dei Tredici di Bahrain e Sheikh Ali Salman, il Segretario Generale del più grande partito dell’opposizione del paese, Al-Wefaq, ancora dietro le sbarre, quasi l’intera leadership dell’opposizione politica di Bahrain è ora in galera.
“Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito (PRNTT) condannano fortemente la condanna ad un anno di detenzione del leader dell’opposizione Ibrahim Sharif. Esprimiamo la nostra totale solidarietà e il nostro sostegno per Sharif, che è stato con costanza portavoce di una protesta pacifica per la realizzazione di un sistema politico giusto e democratico in Bahrain” – ha dichiarato Niccolò Figà-Talamanca, Segretario Generale di Non c’è Pace senza Giustizia.
“La sentenza di condanna, fondata su accuse puramente politiche, è un altro chiaro esempio della determinazione delle autorità bahreinite di criminalizzare la libertà di parola e di sopprimere qualsiasi richiesta nonviolenta di riforma democratica, stato di diritto e rispetto dei diritti umani nel paese. Questa inoltre, dimostra che le intenzioni di riforma sono puramente retoriche e parte di una strategia volta a gettare fumo negli occhi per coprire la vera faccia del regime bahreinita, basato su campagne di repressione sistematiche per far tacere ogni opposizione pacifica e voce indipendente”.
“Purtroppo, la risposta della comunità internazionale è stata fino ad oggi, debole e sorda alla difficile situazione in cui versano i cittadini di questo piccolo paese. Le autorità bahreinite hanno sfruttato questo approccio come un via libera per continuare le loro pratiche di repressione e ritorsione invece di impegnarsi in un reale ed inclusivo dialogo con i leader pacifici delle opposizioni e attivisti dei diritti umani.
È arrivato il momento per la comunità internazionale e l’Unione Europea (UE) in particolare, di reagire fortemente con la massima urgenza e con tutte le attenzioni che il caso richiede, a questo ultimo colpo inferto alla libertà di espressione in Bahrein”.
“Come evidenziato dall’ultima risoluzione di condanna degli abusi dei diritti umani in Bahrain adottata dal Parlamento Europeo in luglio 2015, l’Alto Rappresentante e gli Stati Membri dell’Unione dovrebbero fare tutto ciò che è in loro potere per garantire che il Bahrein rispetti gli obblighi che derivano dal diritto internazionale sui diritti umani.
Noi, inoltre ci aspettiamo che essi si muovano per assicurare il sicuro e immediato rilascio di Ibrahim Sharif, così come di tutti gli altri prigionieri politici e di coscienza detenuti in Bahrein solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti di libertà di espressione, associazione ed assemblea”.
“Una vera transazione democratica in Bahrain si realizzerà solo se tutti coloro che sono impegnati in un dialogo nonviolento saranno capaci di contribuire pienamente al processo politico senza paura di rappresaglie. La comunità internazionale deve sostenere questo processo, piuttosto che chiudere un occhio ad un ulteriore azione volta a contrastare democrazia e diritti umani nel paese”.
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