Mentre il cittadino-consumatore italiano s'interroga e dibatte da non dormirci sulla questione dei sacchetti biodegradabili da 0,2 centesimi (che per altro già si pagano in forma occulta da quel dì), altri fatti ben più rilevanti non scalfiscono più di tanto le coscienze e scivolano via tra le cose più o meno inevitabili della nostra esistenza. Tra queste ci sono i rilievi mossi dal Garante per la privacy al Movimento 5 Stelle a proposito dell'illecito trattamento dei dati sulla piattaforma Rousseau.
«Nello schema del database – spiega l'Authority - risulta infatti che ciascun voto espresso sia effettivamente associato a un numero telefonico corrispondente (come del resto confermato dal dottor Casaleggio in sede ispettiva, cfr. verbale 5 ottobre 2017) al rispettivo iscritto-votante. Tale riferimento sarebbe mantenuto nel database per asserite esigenze di sicurezza, comportando, tuttavia, la concreta possibilità di associare, in ogni momento successivo alla votazione, oltre che durante le operazioni di voto, i voti espressi ai rispettivi votanti».
Questo accade nei giorni in cui si consuma il rito delle candidature online dei 5Stelle per le prossime elezioni, che ha visto nuovamente incepparsi il sistema. Niente paura però. Perché "a chi dice che il sistema è andato in tilt”, Luigi Di Maio risponde “che abbiamo avuto ieri una disponibilità a candidarsi fuori dal comune e siamo l'ultimo argine all'apatia politica e all'astensionismo".
Il mantra non è nuovo e sembra confezionato ad hoc per tutte le occasione, praticamente sempre, in cui la rete grillina evidenzia i suoi maldestri buchi. Come sottolinea sul Corriere della Sera Marco Imarisio, circa fragilità della Piattaforma,
“ricordare ogni suo ritardo o guasto equivale a fare l’elenco delle elezioni di qualunque ordine e grado della storia recente. Ogni volta insorgono i parlamentari M5S per dire che sono gli effetti della «straordinaria partecipazione». Perché ammettere le falle significherebbe spogliare la Casaleggio & Associati della sua aura di sintomatico mistero. Da presunta Spectre a manica di pasticcioni digitali. Eppure lo scorso agosto un hacker aveva bucherellato Rousseau dimostrando come i dati degli iscritti siano tutt’altro che al sicuro. Eppure il rapporto del Garante per la privacy non solo svela pratiche da Grande fratello, quello di Orwell, come la schedatura dei voti, ma anche un notevole grado di approssimazione, come le password troppo corte e talvolta in chiaro”.
“Non è certo – sottolinea sempre Imarisio nel suo commento - un bel biglietto di visita, per un Movimento che nel tentativo di darsi una forma meno oscura dimostra di avere ancora problemi con i fondamentali. La «multa» per chi cambia casacca, novità roboante di questi giorni, infatti fa a pugni con quella Costituzione che M5S ha difeso come una irrinunciabile linea del Piave al referendum del 4 dicembre 2016. Prima di insegnarla agli altri, bisognerebbe anche studiarla, la democrazia. A cominciare da quella in Rete”.
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