Se non fosse tragicamente seria, la notizia che in Abruzzo il garante dei detenuti, Gianmarco Cifaldi, sociologo e criminologo, professore aggregato presso l’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, avrebbe sottoscritto un protocollo con il rettore della stessa Università e il direttore della Casa Circondariale di Chieti per avviare un progetto di ricerca volto a “verificare i presupposti di un comportamento deviante mediante una metodica di stimolo-risposta attraverso una strumentazione non invasiva per verificare il grado di aggressività del detenuto” suonerebbe surreale, degna d’una distopia letteraria o degli scenari paradossali portati sullo schermo da un grande visionario come Stanley Kubrick.
Eppure è proprio ad “Arancia Meccanica” che sembra rifarsi il controverso progetto con il quale ci si propone di condurre esperimenti sui reclusi, degradati ulteriormente da detenuti a cavie da laboratorio, per determinarne il grado di pericolosità sociale dato che, come nel capolavoro del regista britannico, l’esperimento consisterebbe essenzialmente nel sottoporre i soggetti alla visione di immagini “emotivamente significative ed emotivamente neutre” per registrarne e catalogarne le reazioni.
Il tutto in barba agli articoli 2 e 27 della Costituzione, con i loro richiami all’inviolabilità dei diritti dell’uomo e alla finalità rieducativa della pena, che effettivamente hanno ben poco a che vedere con teorie pseudoscientifiche e neopositiviste degne di Cesare Lombroso ed oltretutto in odore d’un enorme conflitto d’interessi dato che il responsabile della sperimentazione, come sottolineato veementemente in queste ore dal segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, promotore e autore della legge che nel 2011 istituì in Abruzzo la figura del garante dei detenuti, sarebbe infatti lo stesso prof. Cifaldi.
Ci troveremmo dunque, sostiene Acerbo, ad assistere ad una distorsione drammatica del proprio ruolo da parte di un garante, eletto a tale carica lo scorso luglio dopo un annosa ed estenuante querelle in consiglio regionale che ha visto l’esclusione della candidatura, sostenuta fortemente da Marco Pannella, di Rita Bernardini (probabilmente la personalità radicale più nota per l’impegno costante sul tema delle carceri), che tra i primi provvedimenti significativi dal suo insediamento approva e sottoscrive un progetto nebuloso di ricerca sulla pelle dei detenuti diretto e condotto da lui stesso, il tutto con l’obiettivo esplicito di ottenere successivamente fondi europei ed estendere tali metodologie ad altri istituti di pena.
E mentre la polemica cresce intorno al discusso e discutibile protocollo e tanti ritornano con la mente alle immagini disturbanti di Alex DeLarge con i divaricatori nelle palpebre e gli occhi spalancati, costretto a fissare coattivamente per ore immagini di sesso e violenzamentre gli viene iniettato un farmaco che provoca un profondo senso di nausea allo scopo di annichilire la sua attitudine alla devianza, ci si interroga ad esempio se la selezione dei soggetti che dovrebbero sottoporsi a tale esperimento dovrà avvenire su base volontaria o sia piuttosto obbligatoria, nel timore che l’Università di Chieti e il garante dei detenuti in Abruzzo progrediscano troppo velocemente nel loro percorso revivalistico delle brutture d’inizio secolo scorso e dalle speculazioni del Prof. Lombroso si passi in maniera troppo repentina alle prassi abnormi del Dr. Mengele.
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