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18/04/24 ore

Omotransfobia, la cronaca conferma: urge una legge. Intervista all’on. Zan, estensore del DDL anti-discriminazioni



di Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

Non si ferma il dibattito sul DDL Zan-Scalfarotto contro l’omotransfobia e la misoginia, la cui discussione alla Camera dei Deputati, in programma in questi giorni, è stata recentemente rinviata ad altra data, mentre la cronaca alimenta un confronto politico dai toni non sempre rispettosi della delicatezza della tematica. Abbiamo sentito in proposito l’On. Alessandro Zan, primo firmatario del disegno di legge, per un’analisi della situazione.

 

On. Zan, una certa vulgata vorrebbe convincere l’opinione pubblica che l’omofobia sia un fenomeno ormai superato e che non servano quindi interventi legislativi in tal senso. La cronaca invece purtroppo ci consegna scenari che sembrano dimostrare l’esatto opposto come la recente tragedia di Caivano. Lei cosa pensa in proposito?

 

Di fronte al fatto che i casi di cronaca mostrano un’escalation di violenze, di discriminazioni, di bullismo, nei confronti di persone che non vengono fatte oggetto di questa violenza per ciò che fanno ma per ciò che sono e dunque per il colore della loro pelle, per il loro orientamento sessuale, per la loro identità di genere, ritengo che questo non sia più accettabile in un paese che si dice civile. Non a caso nei paesi più avanzati dell'Occidente esistono ormai da tempo norme contro i crimini d’odio. In Italia queste norme sono attese da molti anni, dopo tanti tentativi falliti in Parlamento, e questa volta non possiamo fallire anche questo ennesimo tentativo per cui bisogna assolutamente approvare una legge contro l’omotransfobia e la misoginia. 

 

A questo proposito c'è un po' di confusione: recentemente Salvini ha dichiarato che, con l’approvazione della legge che avete proposto, non si potrà più dire nemmeno che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma…ovviamente questo è palesemente pretestuoso in quanto il DDL si limita ad estendere il contenuto della legge Mancino anche alle discriminazioni per quanto riguarda l’orientamento sessuale. Lei che idea si è fatto di questo tipo di propaganda con cui da mesi l’opposizione sta bombardando i cittadini? 

 

Le destre stanno raccontando queste fake news cercando di spostare il focus su una presunta violazione della libertà di espressione, cosa falsa perché la legge Mancino esiste già per fattispecie di razzismo, religione, nazionalità e quindi non si capisce perché allargandola all’omotransfobia e alla misoginia sarebbe improvvisamente limitata la libertà di espressione di qualcuno. Invece le destre ne vogliono fare una bandiera ideologica per continuare ad esprimere dei concetti, delle affermazioni, che non hanno niente a che vedere con la libertà di opinione - quella che lei citava prima è una libera opinione, più o meno condivisibile ma pur sempre un'opinione – ma sono piuttosto affermazioni di incitamento all'odio, di stampo omofobico o razzista, e sono una cosa assai diversa dalla libera espressione, Anche perché la Corte Costituzionale ha già chiarito che la libertà di espressione non è un valore assoluto e quando diventa odio, diventa violenza, lesione della dignità della persona, questa non è più un'opinione, è ben altra cosa.

 

In un caso come quello di Caivano quanto pesa secondo lei l’assenza di un testo di legge che tuteli esplicitamente le persone LGBT da forme di discriminazione e viceversa che tipo di strumenti legali si potrebbero attivare in favore delle persone vessate mediante l’approvazione di una legge ad hoc come quella da voi proposta?

 

La legge che è oggi in discussione alla Camera è una legge integrata, completa e innovativa perché oltre alla parte penale dell’estensione della legge Mancino per contrastare le violenze e le discriminazioni, contiene una parte di politiche positive come ad esempio la strategia LGBT promossa dal Ufficio Antidiscriminazione con iniziative nelle scuole, nelle amministrazioni pubbliche, e soprattutto l'istituzione di centri antidiscriminazione che servirebbero per proteggere le vittime che subiscono violenze con un'assistenza legale, un'assistenza sanitaria, un'assistenza di tipo sociale, ma anche delle case rifugio per proteggere quelle vittime che sono perseguitate per la loro condizione e che avrebbero bisogno di una protezione più forte.

 

Dunque è una legge innovativa ed integrata che avrebbe anche un impatto culturale nel paese, perché abbiamo notato che anche nel mondo del giornalismo manca un vocabolario, non si ha la conoscenza per nominare, descrivere le persone esattamente per come sono. E questo è un problema culturale serio che una legge di per sé non risolve appieno ma contribuisce, diciamo, a sviluppare nel paese tutta una serie di azioni volte all’informazione e alla sensibilizzazione che sono fondamentali per rendere più civile una nazione.

 

Con questo però torniamo un po' al problema di prima nel senso che ogni tentativo di promuovere una cultura della tolleranza e del rispetto nella società fin dalla scuola primaria viene immediatamente distorto e additato come una presunta operazione di indottrinamento dell’opinione pubblica, in particolare della prima infanzia, come con la cosiddetta “teoria del gender”, cosa che è stata applicata anche al vostro disegno di legge. Vorrei un suo commento su questo.

 

La “teoria del gender” è una fantomatica invenzione per creare paura nelle persone: in realtà nella scuola si dovrebbe insegnare il rispetto verso l'altro a prescindere da ciò che questa persona è, a prescindere dal colore della pelle, a prescindere dall'orientamento sessuale, a prescindere dall’identità di genere. Se si parlasse banalmente non di scelta come si sente dire ancora - perché nessuno sceglie di essere etero, né di essere gay, né di essere lesbica, ma si nasce così e non lo si sceglie -  basterebbe semplicemente a partire dalle scuole insegnare la cultura del rispetto, dell’inclusione a prescindere da chi o cosa sia una persona, perché ogni singola persona merita rispetto e dignità  per ciò che è.

 

E dunque questa banale educazione al rispetto, all'inclusione, che purtroppo ancora a scuola per dei retaggi culturali arretrati non viene insegnata, è un problema, perché abbiamo bisogno di formare in questo senso i cittadini del futuro. Parlare di “teoria del gender” ed indottrinamento è solo un altro modo per distogliere l'attenzione, creare paura e confusione, quest’atteggiamento è quindi ancora più vergognoso perché non fa altro che alimentare il sospetto e l'esclusione mentre è proprio dalla scuola, dalle agenzie educative, che dovrebbe partire l’insegnamento del rispetto verso l’altro.

 

Tornando invece per chiudere a quanto diceva sui media, sulla mancanza di un linguaggio adatto, e quindi al caso di Caivano che sta facendo tanta sensazione in questi giorni, possiamo dire che abbia pesato sia l’elemento dell’omofobia che quello, di solito meno citato ma anche meno compreso dai media, della transfobia. Eppure si registra da decenni una strage silenziosa per quanto riguarda le persone trans che restano tuttora relegate tra i soggetti più fragili della società ed anche dello stesso variegato mondo LGBT. Oltre all’indispensabile primo passo dell’estensione della Legge Mancino in favore di chi subisce atti di omotransfobia, secondo lei quali passi dovrebbe intraprendere la politica per tutelare anche la quotidianità di queste persone, al di là e prima che si arrivi al fatto di sangue? 

 

Serve appunto investire molto sulla sensibilizzazione dell'opinione pubblica con campagne, con programmi educativi nelle scuole, ma anche con corsi di formazione nelle amministrazioni pubbliche. E anche tra i giornalisti perché, guardi, sentire il giornalista del Tg1 parlare di Ciro, che è un ragazzo transgender, chiamandolo Cira perché il suo sesso di nascita era femminile è francamente un'offesa e anche una delusione. Che il servizio pubblico usi questi toni, faccia queste affermazioni, è veramente vergognoso e discriminatorio. Ecco perché c'è molto da fare proprio sul fronte culturale, sul fronte dell’informazione e su quello della scuola.

 

 


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