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16/11/24 ore

Cannabis terapeutica e ricreativa, negli Usa dopo i referendum si apre un mercato


  • Andrea Spinelli Barrile

Si potrebbe pensare che il successo dei referendum sulla legalizzazione della cannabis in alcuni stati Usa sia solo il palliativo per "resistere ad altri quattro anni di Obama", come qualche repubblicano ha scherzosamente spiegato, ma c'è molto di più: non solo un capitalismo che tenta di riprendersi il posto che, a ragione o a torto, gli spetta nella storia mondiale, ma anche un radicale cambio di mentalità che fa dell'America un paese meravigliosamente contraddittorio.

 

Il voto di questa notte negli Stati Uniti non ha solo consacrato Obama nell'Olimpo americano ma ha anche segnato una svolta storica per il capitalismo: in sei stati si è infatti votato anche in materia di cannabis, con risultati rivoluzionari.

 

Arkansas, Massachussets (lo stato governato da Mitt Romney) e Montana hanno infatti aperto al mercato della cannabis terapeutica, ma non stupisce più vedere i singoli stati aprire alla cannabis medica (capofila degli attuali 20 fu la California non degli hippie e del Sunset Boulevard ma del governatore Shwarzenegger).


Il vero balzo in avanti si è registrato in Colorado, Washington e Oregon, stati in cui la cannabis terapeutica era già stata legalizzata: i referendum hanno decretato che tutti gli adulti al di sopra dei 21 anni hanno ora la libera facoltà di possedere fino a 30 grammi di cannabis e di coltivare fino a sei piante contemporaneamente.

 

Fino ad oggi piccoli dispensari, cooperative o pazienti con autorizzazione medica negli stati sopraelencati potevano già, più o meno alla luce del sole, vivere di cannabis in un mercato primitivo e non regolamentato; nel 2009 venne creata in Colorado la Medical Marijuana Industry Group (Mmig), una lobby che ha messo fine all'attivismo volontario un po' beat per cercare il sostegno del legislatore e dei politici; parlare di cannabis in colletto bianco fu una novità assoluta, una delle contraddizioni tipiche del capitalismo americano.

 

A Denver (Colorado) esistono già 300mila metri quadri di hangar dove la produzione industriale di cannabis è già attiva dalla fine dell'estate 2009, da quando l'amministrazione Obama vietò alle forze dell'ordine di fare irruzione nei dispensari.

 

Unendosi nella Mmig i produttori di cannabis sono riusciti a portare nelle stanze del potere in giacca e cravatta i loro progetti imprenditoriali, ottenendo l'approvazione della legge 1284 che regolamenta l'industria dalla semina alla vendita (con costi piuttosto alti per le licenze, una legge che ha spazzato via la metà più "casereccia" della nuova industria), creando vere e proprie start-up american proud.

 

La legge 1284 ha tolto dalle mani della criminalità un mercato che riguarda almeno 6 milioni di consumatori americani abituali (tanti sono coloro i quali lo ammettono apertamente), mettendolo nelle mani di quattromila lavoratori (solo in Colorado) del settore, la maggior parte dei quali guadagna cifre considerevoli (pagando milioni di dollari in tasse ed autorizzazioni e spendendone altrettanti per la trasparenza e la sicurezza).

 

Il capitalismo non conosce freno e, spesso, nemmeno etica: è duro come il vento gelido delle Montagne Rocciose, si basa sui numeri e sul profitto e sovente travolge i più inermi e impreparati; le piccole cooperative e numerosi dispensari sono infatti oggi costretti a chiudere o ad essere fagocitati dalla grande industria (anche la Philip Morris sta pensando di lanciarsi nel mercato della cannabis ricreativa), ma chi potrebbe beneficiare di questo libero mercato è l'intera popolazione (dei singoli stati, perchè la legge federale stabilisce ancora la marijuana come illegale), che vedrà riconosciuti i propri diritti in materia di autodeterminazione dell'individuo e di libertà terapeutica.

 

Il moderno capitalismo, nato sul petrolio, il legno da carta ed il nylon della campagna proibizionista di  Rockfeller, Hearst e Dupont, grazie al braccio di Aslinger, sembrerebbe arrivato oggi al capolinea: nello stesso paese, l'America, il capitalismo è nato, si è sviluppato, è morto ed oggi tenta di risorgere azzerando il proibizionismo sul quale venne fondato.

 

"Noi siamo la tartaruga della favola di Esopo. Alla fine la tartaruga vince", Norton Arbelaez, co-fondatore di Mmig.


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