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22/12/24 ore

I conti di Renzi e Padoan non tornano


  • Ermes Antonucci

Sarà forse colpa del maltempo di questa estate anomala, sta di fatto che fosche nubi si addensano in queste ore sul futuro delle riforme annunciate dal governo di Matteo Renzi. A preoccupare sono soprattutto i dati relativi alla (inesistente) ripresa economica del Paese.

 

Alcuni giorni fa il Fondo monetario internazionale ha tagliato le proprie stime di crescita sul Pil italiano, tracciando per quest'anno un +0,3%, ovvero 0,3 punti percentuali in meno rispetto al +0,6% previsto in aprile e ben distante dal +0,8% stimato dal governo Renzi nel Documento di Economia e Finanza (Def) di quasi quattro mesi fa.

 

La revisione al ribasso degli economisti di Washington arriva pochi giorni dopo quella di Bankitalia, che prevede per il Pil una crescita ancora più debole, dello 0,2% ("rimangono considerevoli elementi di fragilità nelle prospettive di ripresa"), e quella di Confindustria, per la quale la prospettiva più probabile per l’economia italiana nel 2014 sarebbe addirittura una "dinamica piatta“ (vale a dire crescita zero).

 

La revisione del Fmi, quindi, non sorprende, dato anche che le misteriose previsioni di crescita elaborate dalla coppia Renzi-Padoan, e sbandierate in pompa magna dal premier nelle conferenze stampa-televendite che accompagnarono l'ascesa del nuovo esecutivo, avevano già da tempo ottenuto la secca smentita della quaterna formata da Fmi, Commissione Europea, Ocse e Istat.

 

Quel +0,8% (che peraltro, secondo il governo, costituiva nientemeno che una stima "prudente e rigorosa"), in poche parole era sganciato − e continua ad essere sganciato − da qualsiasi forma di contatto con la realtà. Ad evidenziarlo, oltre alle varie analisi internazionali, ci hanno pensato anche i dati relativi all'andamento del primo trimestre dell'anno, quando, a dispetto del Def redatto dal governo (che prospettava una crescita "moderata"), il Pil è tornato a scendere dello 0,1%, dopo il leggerissimo balzo del +0,1% registrato a fine 2013.

 

A sorprendere, insomma, non è tanto che le stime completamente sballate del governo siano sconfessate di continuo dagli organismi internazionali e non, quanto il fatto che Renzi rinunci a rivedere i propri (già incerti) percorsi di riforma, fondati su presupposti chiaramente fallaci. A dir poco incredibili, alla luce di tutto ciò, appaiono le parole che il premier, posto di fronte a questa sfilza di bocciature, ha pronunciato per mantenere alta la propria politica degli annunci: "Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone". Un'incoscienza che rischia di prendere le forme di una follia.


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