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23/11/24 ore

Europa 2020, per rimediare al fallimento di una strategia


  • Antonio Marulo

Prevedere, pianificare, fissare obiettivi: mai come in questo periodo rischiano di essere esercizi sterili fatti a posta per essere smentiti dalla realtà. Non sfugge a questa regola la strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione che l'UE varò nel 2010, fissando cinque obiettivi quantitativi da realizzare entro un decennio riguardo l’occupazione, la ricerca e sviluppo, il clima e l'energia, l'istruzione, l'integrazione sociale e la riduzione della povertà.

 

Giunti quasi a metà percorso, si è dovuto prendere atto del sostanziale fallimento del piano, che oggi necessità di una urgente revisione, non prima di aver espletato il rito della consultazione pubblica lanciata dalla Commissione nel maggio 2014 e che si chiuderà fra pochi giorni, il 31 ottobre.

 

In tale contesto di confronto s'innesta il corposo convegno - organizzato dall'Istituto Affari Internazionali insieme con il Dipartimento Politiche europee della Presidenza del Consiglio - dal titolo Towards the mid-term rewiew of Europe 2020: Can Europe get back on a growth track?, nel corso del quale sono stati offerti spunti di riflessione e d’indirizzo, a cui il governo dovrebbe attingere per l’imminente formulazione di proposte in sede Europea, partendo da una constatazione sintetizzabile nella bartaliana frase “l’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare”.

 

Se infatti qualche risultato è stato fin qui grosso modo ottenuto, lo si deve – ha spiegato Andrea Renga del Centre for European Policy Studies – a “motivi sbagliati”, come è accaduto per gli obiettivi ambientali, raggiunti a causa della crisi e quindi dell’assenza di crescita, quando è proprio la crescita il centro della strategia europea.

 

Paradosso vuole che il dibattito odierno sulla crescita mancante veda – come ha sottolineato il direttore dello IAI, Ettore Greco – la marginalizzazione della Strategia Europa 2020 di cui poco o per nulla si parla. E allora vien da chiedersi – ha suggerito Ian Begg della London Scool of Economics and Political Science, che senso abbia, quale sia lo scopo e cosa accadrebbe se non ci fosse la 2020.

 

Nulla, sarebbe naturale rispondere, senza timore di esagerare. Ed è da questo sostanziale nulla che bisogna ripartire, tenendo in conto il livello molto basso di credibilità dei target strategici fissati e la scarsa fiducia che investe l’Europa, i singoli paesi fra loro e le sue istituzioni sempre più malviste dai cittadini.

 

Il cambio di “management”, cioè del Parlamento europeo, può costituire in tal senso l’occasione per rilanciare l’intero progetto in base al quale riadattare la 2020 coerentemente con le politiche della UE. Tuttavia, ha rilevato Enrico Giovannini, già presidente Istat ed ex ministro del Lavoro del governo Letta, “i nostri ‘manager sono un po’ troppo rilassati e marzo 2015 (data in cui è prevista la revisione del strategia ndr) è vicino”.

 

Eppure ci sarebbe un gran lavoro da fare. "Il divario tra obiettivi e realtà fattuale" è infatti così marcato che non si può ritenere sufficiente una manutenzione seppur straordinaria della strategia. Piuttosto, ha ammonito il prof. Marcello Messori – è necessario intervenire sugli assetti della Governance, la cui ridefinizione costituiscono il problema principale da risolvere, ripensando al concetto di sviluppo che guardi – a detta di Stefano Palmieri dello EESC – non solo ai bilanci, ma che consideri con "pari dignità" gli aspetti economico, sociali e ambientali.

 

Su questo piano risultano fondamentali come non mai le scelte sul fronte energetico e delle reti di trasporto (digitale e non), sui cui dovrebbero essere incentrati i maggiori sforzi di investimento europeo, partendo dagli errori fatti fin cui a causa di una gestione in ordine sparso e non coordinato, come dimostrano, per esempio, anche i recenti eventi a margine della crisi Ucraina con relative minacce di Putin, alle quali i singoli paesi stanno preferendo una risposta non comune.

 

A questo tema l’incontro organizzato dallo IAI ha dedicato una sessione ad hoc, offrendo l’occasione di sottolineare l’importanza che può avere una versione “ambiziosa” della 2020 focalizzata su alcuni e pochi punti essenziali per il raggiungimento dei quali risulta determinante lo sviluppo e la messa in pratica della cosiddetta Agenda digitale.

 

Come spesso accade in appuntamenti del genere, il rischio è quello di cadere nella trappola della vaghezza. Qualcuno in sala – un militare in pensione - ha chiesto la parola lamentando il fatto che si sia discusso troppo di strategia senza riferimenti alla tattica, cioè al come fare cosa. Matteo Renzi avrebbe sintetizzato il tutto con la sprezzante battuta sui “professionisti della tartina”, che però questa volta hanno mangiato a casa sua, fra un “coffee break” e un “Networking lunch”, gentilmente offerto nei corridoi antistanti alla Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio in via Santa Maria in Via a Roma. 

 

Alla luce dell’obiettivo del semestre europeo a guida italiana di fornire – come sottolineato dal sottosegretario Sandro Gozi che ha chiuso l’evento - "un contributo del Governo per una Strategia 2020 che sia più vantaggiosa possibile per il nostro paese", speriamo che ne sia valsa la pena.

 

 


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