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23/11/24 ore

L’informazione italiana tra diffamazione, giallo e fantasy


  • Roberto Granese

Non è certo un segreto che l’intero sistema dell’informazione vive in un perenne disequilibrio tra i fatti e i resoconti degli stessi e che tende spesso a ritoccare la realtà e ad indirizzare l’opinione pubblica. Il prodotto informativo ha raggiunto un doppio status che, in conflitto con la sua ragione originale di esistenza, lo ha condotto ad un profondo degrado. Il doppio status in questione è quello di un prodotto da vendere e di un “persuasore”, come ci ha illustrato approfonditamente da tempo la “Teoria dell’ago ipodermico”.

 

Tutto ciò fa in modo che il “quarto potere” distorca le informazioni in modo da renderle più interessanti (come quando si esaltano i contorni di una fotografia con un filtro, si sottolineano o si creano particolari, si suggeriscono domande e risposte), più coerenti con le aspettative del pubblico (seminando una spudorata quantità di stereotipi, dai più biechi e robusti ai più sottili e subdoli) e più adatte a veicolare la produzione-riproduzione-modifica del quadro sociale target dell’informazione in oggetto.

 

Teoria della comunicazione sociale a parte questo rimane un argomento delicato e controverso, soprattutto per le evidenti questioni etiche che solleva; quando poi questo non esaltante orizzonte si incontra con l’informazione nostrana l’imbarazzante risultato fa accapponare la pelle e ci da ancora una volta la misura della crisi sociale e politica che gli ultimi novanta anni di regimi hanno generato.

 

Nel nostro paese si commettono sempre meno delitti, gli omicidi hanno raggiunto il minimo storico ma conservano un fascino mediatico notevole, notevole quanto le notizie che riguardano bambini che in un modo o nell’altro hanno subito tristi accidenti…. le caratteristiche dell’evento, se includono la presenza di un genitore irresponsabile e senza cuore o di un abbietto assassino, magari imparentato con la vittima e corrispondente in un modo o nell’altro ad uno stereotipo negativo mandano in visibilio il “giornalista” d’inchiesta ed il suo pubblico salvo poi, quando si scopre la “forzatura” mediatica con prove non coerenti con il processo in piazza, doverlo “costringere” a ritrattare sempre con lo stile marcato del creatore e dispensatore di verità.

 

Questo il caso visto ad inizio anno in cui quella madre che si era persa in montagna e aveva cercato, chiaramente a modo suo e con gli strumenti che aveva a disposizione, di mettere al “sicuro” i suoi pargoli andando a cercare aiuto; i media hanno creato in poche ore la controstoria detta e non detta di una madre folle che, sentendo il peso della sua prole rispetto ad una vocazione ad una certa “leggerezza”, aveva cercato, novella Franzoni meno sanguinaria o semplicemente insensibile ed irresponsabile egoista, di liberarsi dei suoi figli abbandonandoli nella neve.  

 

Una lunga schiera di lettori italiani, come si evince dalla rete, paventavano questa ipotesi ritenendola plausibile e i media stessi usavano lombrosianamente le fattezze della madre come prova di colpevolezza…ci rendiamo conto del punto a cui siamo arrivati?

Un secondo caso per passare definitivamente dall’eccezione alla regola; triplice efferato omicidio nei dintorni di Torino, marito, moglie e la anziana madre. Prima che i carabinieri, facendo il loro lavoro scoprissero il colpevole e lo scopo di rapina del delitto un nuovo caso di controrealtà era nato in poche ore dai media.

 

Il giovane figlio della coppia assassinata era il mostro perfetto… E così un grande quotidiano nazionale ha costruito una parabola meravigliosa (che crea meraviglia) in cui questo ragazzo veniva mostrato in sue foto “scanzonate” e veniva marchiato uno stereotipo alla volta… spiantato, disoccupato con poca voglia di lavorare, drogato, ha anche l’orecchino… è un assassino certamente.

 

Non paghi i media, alla notizia che il ragazzo aveva trovato una tazzina di casa sua nelle vicinanze della stessa mentre portava in giro i cani e aveva riferito la cosa ai carabinieri, hanno rincarato la dose citando il caso di Sara Scazzi e il bizzarro parallelismo tra la condotta del ragazzo e quella di Michele Misseri.

 

I carabinieri ed una confessione hanno salvato questo ragazzo rimasto senza famiglia dalla gogna mediatica pronta per lui…ma cosa sarebbe successo se le forze dell’ordine avessero avuto più difficoltà nello sbrogliare la matassa? Interrogativo che fa paura e che certamente imbarazza rispetto alle potenzialità distruttive che la distorsione delle informazioni, caposaldo di ogni dittatura, può creare ed attualmente crea in questo paese.

 

 


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