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03/05/24 ore

La legge elettorale e la riforma del Senato


  • Silvio Pergameno

Accantoniamo le dichiarazioni favorevoli o negative agli interventi del neo presidente del Consiglio Matteo Renzi in occasione della presentazione del suo governo al Senato e poi alla Camera. Soffermiamoci invece su un punto, sul rivio dell’approvazione della nuova legge elettorale.

 

Si  è trattato infatti di una decisione saggiamente assunta,  perchè l’approvazione della riforma della legge elettorale – certamente indispensabile – non poteva però avere prioritarietà rispetto a quella del Senato, che pure era prospettata come fondamentalissima (anche se di remota paternità leghista) da Camera bis a Camera delle regioni, un’innovazione, quest’ultima che richiede un cambiamento della costituzione, non certo realizzabile in pochi giorni.

 

E allora la priorità della riforma della legge elettorale o testimoniava della volontà di eleggere un nuovo Parlamento con questa nuova legge, ma senza riforma del Senato (che non costituiva certo saggezza di comportamento) oppure dimostrava che sotto sotto si cercava di perder tempo per fare una nuova legge che poi avrebbe dovuto essere subito cambiata un’altra volta, perché inservibile nel nuovo ordinamento costituzionale.

 

Certo, nella prima Repubblica si poteva anche sospettare che questo andamento fosse un abilissimo  stratagemma per assicurare stabilità al Governo e al Parlamento (soprattutto), in quanto con un Senato nuovo e una legge elettorale vecchia non si poteva andare a votare.

 

Auguriamoci quindi che adesso si vari la riforma del Senato, e che poi si riesca a fare anche la nuova legge elettorale; speranza certo piuttosto fondata, dato che negli ultimi decenni tutta la manfrina sulla legge elettorale nasceva dal fatto che questa legge doveva funzionare quale surrettizio sostitutivo di una riforma costituzionale molto importante, come quella di assicurare stabilità al governo, quando il presupposto della costituzione, bella o brutta ma soprattutto perennemente violata, era quello che il governo è una cosa orribile e il vero governo è quello che non governa - obbiettivo perfettamente raggiunto in pratica del resto. Se non con il neo che poi chi governa, o meglio governicchia, sono le burocrazie.

 

La saggezza nel caso potrebbe essere che il nascente governo della Leopolda si sia pentito dei propri errori, soprattutto in tempo utile. Il che non significa fare una brutta figura; significa soltanto che non si è degli imbecilli, come coloro che, pur quando hanno torto marcio, pretendono di avere ragione.

 

 


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