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23/11/24 ore

Faletti, l’efficaci scorrettezze di Vito Catozzo


  • Luigi O. Rintallo

“Porch’il mondo che c’ho sott’i piedi, se mi nasce un figlio finocchio!”: è una delle battute-tormentone di Vito Catozzo, il personaggio di guardia giurata interpretato da Giorgio Faletti nella trasmissione Drive In. Non sappiamo se sia vero quanto riporta su «Il Foglio» Maurizio Crippa, secondo il quale di quello storico sketch non vi sia più traccia su YouTube. Sappiamo però che all’epoca, in pieni anni Ottanta, ridevamo di gusto alle battute di Giorgio Faletti. Molto di più di quanto ci possa accadere coi comici d’oggi, che ci fanno l’effetto di Tavor: catalessi più o meno immediata.

 

Faletti, com’è stato ricordato nel giorno della sua morte, dopo la stagione cabarettista si è poi dedicato a molteplici attività artistiche: da paroliere a cantante, sino ad affermarsi quale scrittore di thriller di ampio successo popolare. Piace, tuttavia, ricordarlo provando a partire dalla considerazione di Crippa nel suo articolo, per cui il modo di interagire con la sua lingua e la sua comicità oggi non siano più praticabili.

 

In quanto “scorrettissime”, le battute del suo cabaret vengono addirittura rimosse. Ma paradossalmente hanno contribuito più loro a far superare pregiudizi e intolleranze, che non il grigio “maccartismo alla rovescia” dell’odierno progressismo. A quest’ultimo si deve, infatti, una irrimediabile contaminazione della limpidezza libertaria che dovrebbe ispirare la vera apertura mentale, sino al punto di generare mostruosità giuridiche che minacciano la stessa libertà di giudizio e di opinione.

 

Al contrario, mettendo in scena i suoi personaggi che esprimevano sensibilità primitive e istintive, Faletti ne evidenziava con allegria l’improponibilità. Le reprimende, il perenne rimprovero con cui la “correttezza politica” di oggi si pone nei confronti di una società dalla quale affetta di essere diversa e migliore, hanno invece portato quasi a una novella dottrina brezneviana della sovranità limitata delle coscienze di ciascuno, che andrebbero continuamente sottoposte a rieducazioni di stampo oppressivo. E com’è ovvio ottiene l’effetto esattamente opposto a quello prefissato.

 

Per questo, penso sia giusto rivolgere un ringraziamento a Vito Catozzo e al Testimone di Bagnacavallo, anziché fingere che siano stati un infortunio nella carriera di Faletti, presentato oggi solo nelle vesti “serie”. Hanno dato il loro piccolo contributo a un’Italia meno bigotta e più creativa di quella in cui ci tocca oggi vivere, quando correttezza e cultura dei diritti finiscono per ridursi a semplici stereotipi privi di valore e prodotti di imposture.

 

 


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