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18/11/24 ore

La Russia di Putin colma il vuoto di presenza europea


  • Silvio Pergameno

Con l’articolo su Ucraina e Libia si è cercato di evidenziare il legame esistente tra le due gravi crisi internazionali che trovano la loro prima scaturigine nel vuoto di presenza ai margini dell’Unione Europea. L’esistenza di questo vuoto è sotto gli occhi di tutti; è un vuoto che è seguito ai due grandi conflitti della prima metà del secolo passato, che ha lasciato i paesi europei in gravi condizioni di debolezza e di smarrimento politico, che si è rivelata appieno nell’incapacità persino di percepire e di porre all’ordine del giorno i problemi reali che il corso degli eventi nel mondo veniva determinando.

 

Noi europei dell’Europa occidentale abbiamo vissuto mezzo secolo di prosperità economica con l’aiuto americano e sotto il tetto della guerra fredda (non sembri ironica contraddizione), gestita dalle due superpotenze e pagata in Europa dai paesi dell’est, schiacciati dal colosso sovietico che gestiva il quotidiano attraverso i partiti comunisti e con l’intervento dell’armata rossa quando era indispensabile.

 

L’Urss è poi crollata, mentre nel mondo emergevano nuove potenze (Cina, India, Brasile, Sudafrica…) e così è venuto delineandosi nel corso di pochi anni un quadro mondiale molto diverso dal precedente, nel quale il dato principale sembra essere rappresentato dalla nuova posizione assunta dagli Stati Uniti d’America, i quali – attraverso la presidenza Obama – stanno tirando i remi in barca: lasciato troppo presto l’Iraq, lasciato l’Afghanistan… Obama l’unico capo di stato o di governo occidentale assente alla manifestazione di risposta della Francia alla strage di Charlie Hebdo…

 

Gli USA restano certo la prima potenza economica e militare del mondo, offrono il quadro di un’economia dinamica che ha saputo tirarsi fuori dalla crisi, hanno raggiunto l’autosufficienza energetica con il combustibile ricavato dal trattamento delle rocce scistose (sia pure a un costo ragguardevole) e oggi reputano che i gravi problemi che colpiscono l’Europa, il Medio Oriente, l’Africa non mettano in crisi la sicurezza e il benessere del paese. E si direbbe che sotto sotto pensino pure che per gli europei è arrivato il momento di togliersi i pantaloni corti e di pensare da soli ad affrontare problemi che sono i loro.

 

I talebani o lo Stato islamico non piacciono a nessuno, ma non rappresentano una potenza del livello di quella hitleriana, anche se l’estremismo islamico – se è giusto definirlo così, ma Obama non è d’accordo - dispone di strumenti in grado di mettere in crisi la sicurezza in Europa. Mentre poi il vecchio continente, rimasto orfano, ha tutta l’aria di non sapere a quale santo votarsi.

 

Ecco allofra il vuoto che c’è in Europa e ai suoi confini esterni ed ecco dove Putin – inseguendo il vecchio sogno di potenza degli zar prima e dei comunisti poi - occupa spazi: nell’Europa orientale il secondo incontro di Minsk ha dato risultati peggiori del primo, perché il premier di Kiev Poroshenko è stato costretto dai separatisti – che evidentemente fruiscono di una forza militare caduta dal cielo – a ritirarsi fuori dai territori di Lugansk e di Donetsk che essi rivendicano e che rischiano sempre di più di fare la fine della Crimea. Oggi, a cose fatte, forse la tregua potrà attecchire…

 

Sull’altro fronte, quello del Medio Oriente e dell’Africa, la situazione presenta caratteri analoghi: ieri si accennava alle presenze e agli strumenti di cui la Russia dispone in queste situazioni, ma, a seguito del grave peggioramento delle condizioni nella zona e in particolare in Libia, Putin è volato al Cairo mentre il presidente egiziano reagiva alle terribili esecuzioni di copti e di egiziani ad opera dei fondamentalisti con attacchi aerei ai loro insediamenti.

 

La soluzione militare comunque viene scartata (e in questo senso si è espresso anche il Consiglio di sicurezza dell’ONU), viene scartata tenendo conto del pessimo esito della spedizione militare franco-britannica del 2011, che, eliminato Gheddafi, ha lasciato la Libia in una condizione di frammentazione delle forze politiche, con due governi rivali e nell’incapacità di assicurare la sicurezza per le popolazioni. Terreno ideale per l’insediarsi di gruppi estremisti. E alla soluzione politica aderisce anche l’Egitto di Al Sisi. Il che però non significa che operazioni militari non possano rendersi necessarie, proprio per eliminare ostacoli, di origine interna o esterna, e assicurare le premesse affinchè il nuovo governo auspicato si trovi in condizione di potersi assumere le proprie responsabilità.

 

Oggi quindi si pensa che il problema preliminare sia quello di garantire la gestibilità del paese, che, comunque, non sembra possa essere assicurata dall’esterno, che segnerebbe un ritorno a una condizione di sudditanza coloniale. Ecco perché si tenta la strada della formazione di un governo di “unità nazionale”, espressione certamente un po’ pomposa, della quale è comunque chiaro il significato: trovare un accordo fra i due governi (quello di Tripoli e quello di Bengasi). E sembra evidente che aiuti finanziari sarebbero indispensabili. A meno di non pensare a una divisione della Libia in due stati, tenuto anche conto del fatto che tra Tripolitania e Cirenaica le rivalità non sono mancate anche nel passato; ma di una prospettiva del genere non è emerso alcun cenno in questi giorni.

 

Putin al Cairo in una fase incandescente dello scontro con il terrorismo estremista non ha forse un significato preciso? E non ha Putin creato in Ucraina uno stato di fatto conforme al suo disegno? Merkel e Hollande non sembrano in grado di dare risposte adeguate a questi interrogativi.

 

 


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