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18/11/24 ore

L’Ucraina e la Libia


  • Silvio Pergameno

Due nuove crisi di ampia portata politica (con indubbie possibili implicazioni di carattere militare) si stanno riversando sull’Europa (e non soltanto sull’Europa) in aggiunta alla crisi economica dalla quale solo dopo  sette penosi lunghi anni cominciamo appena adesso a vedere possibili vie di uscita: le crisi che colpiscono l’Ucraina e la Libia.

 

Le  condizioni di sicurezza, di stabilità, di progresso economico e di avanzamento politico e sociale che nel recentissimo passato si era pensato fossero indefettibilmente assicurate all’Occidente si rivelano oggi esposte a rischio, mentre la possibile costruzione di nuove vie di uscita non sono più nelle sole mani delle democrazie americane e postcoloniali europee e appaiono condizionate da altre potenze rette da regimi politici che si muovono in direzione di obbiettivi di potenza nazionale, ispirate a ben note e pericolose logiche.

 

Obbiettivi che si muovono nel presupposto di sfruttare al massimo a proprio vantaggio le debolezze altrui, debolezze che nella fattispecie sono parecchie, a cominciate proprio da quelle interne dei paesi più direttamente colpiti, l’Ucraina per le ben note difficoltà e contraddizioni che ostacolano la soluzione della ribellione delle zone orientali del paese ai confini con la Russia e la Libia per la frantumazione interna che ha lasciato ampi spazi all’insediamento di gruppi estremistici che si richiamano allo stato islamico.

 

E debolezze dell’Unione Europea, che si vede esposta sui confini orientale e meridionale e al proprio interno a causa del possibile estendersi degli attentati terroristici, che inseriscono una condizione di insicurezza e di instabilità.

 

E fra le due fonti di rischio esiste una connessione; una connessione che vede riannodarsi i fili di ogni percorso per avviare a soluzione i gravi problemi sul tappeto in un groviglio in cui il Cremlino ha le sue carte da giocare. Se infatti la Russia s muove spregiudicatamente sul fronte orientale, non si deve dimenticare che essa svolge un ruolo di protettore del regime di Bashar el Assad in Siria, fornisce l’uranio all’Iran per il programma nucleare e soprattutto che, nel momento in cui Paesi Europei e Stati Uniti portano all’ONU la questione libica, essa dispone del potere di veto sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

 

Germania e Francia si sono assunte il ruolo di fare tutto di loro iniziativa nei rapporti con Mosca per quanto riguarda l’Ucraina; forse non era possibile fare altrimenti, perché mettere d’accordo ventotto stati ognuno dei quali ha interessi e problemi diversi dagli altri avrebbe condotto a una paralisi proprio nel momento nel quale erano indispensabili decisioni immediate, ma ciò non toglie che l’Unione Europea ne esca a pezzi, perché essa è risultata del tutto messa da parte proprio nel momento in cui erano sul tappeto questioni di fondo e restava aperta la porta a possibili catastrofi di sconvolgente portata. 

 

Né la Francia può ignorare che l’intervento militare che pose fine al regime di Gheddafi ha lasciato il paese in una  situazione di sfascio completo e la Germania  non può non fare i conti con tutto il percorso della sua Ostpolitik dopo la riunificazione, che ne rivela oggi tutti i limiti e la mancanza di orizzonti.

 

Nel momento quindi in cui non resta che augurarsi che dal pasticcio in cui si trova oggi incastrata l’Europa sia in grado di uscire con il minor danno possibile, è altrettanto rilevante che tutti noi europei si prenda finalmente coscienza del fatto che sul tappeto è l’avvenire della nostra democrazia e del nostro benessere: divisi come siamo, possiamo rapidamente trovarci nella condizione di non riuscire più a difendere le nostre libertà e le nostre condizioni sociali e che esigenze di sicurezza, e non vogliamo dire di sopravvivenza,  mettano a repentaglio conquiste realizzate attraverso percorsi lunghi e costosi.

 

 


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