Succede spesso ai capi di stato più influenti al mondo: quando le cose vanno male sul fronte interno, la buttano in politica estera, sperando in riverberi positivi che diano una ripulita all’immagine e all’operato generale della propria amministrazione. Con le dovute differenze, una cosa simile sembra riguardare, con risultati poco fortunati, anche il sindaco di Roma, intento da un po’ a cercar gloria oltreoceano, mentre la città arde – a torto o a ragione - di rabbia e malcontento nei suoi confronti.
L’opinione pubblica, aizzata da una stampa non proprio amica, già non gli aveva perdonato la vacanza estiva, figuriamoci se poteva fargli passar liscio il ritorno negli USA a margine della visita di Papa Francesco, mentre la capitale d’Italia è alle prese con metropolitane cadenti, traffico impazzito, buche, monnezza e strascichi vari dovuti al malaffare di mafia capitale.
Ad aggravare la situazione ci si è messo proprio Sua Santità, che già aveva tirato alla città che lo circonda lo scherzetto del Giubileo straordinario, proprio quando Roma è incapace più che mai di sostenere l’ordinario di tutti i giorni. A una domanda insinuante di un cronista al seguito, Bergoglio ha così confermato di essere una mina vagante durante i viaggi aerei transoceanici, passati allegramente con il microfono in mano, e in modo perentorio ha detto: «Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato».
Il fatto è che Marino non ha mai detto di essere stato invitato dal Papa; e a riguardare qualche resoconto giornalistico con annessa intervista, pare davvero che la versione di Marino sia più o meno corretta. Seppur con l’intento di forzare la mano, sperando di brillare di luce riflessa Oltretevere, il viaggio del maldestro inquilino del Campidoglio si è infatti avvalso di percorsi americani (il sindaco di Philadelphia) e non vaticani.
Intanto, il messaggio – con tanto di sigillo papale - è passato con relativi e ulteriori guai per il “chirurgo prestato alla politica”. Il che conferma una volta di più la durezza del percorso che attende un uomo comunque inadeguato al compito da svolgere, che si ostina a rimanere al suo posto, approfittando del fatto che serve ancora alla causa di un Pd allo sbando e atavicamente incapace di proporre (vedere anche Milano, prossima orfana di Pisapia, per credere) uomini credibili alla guida delle città.
Quanto al Papa argentino, se si occupasse anche in volo di cose più degne della sua posizione, senza lasciarsi trascinare ingenuamente nell’agone politico italiano e nelle beghe di palazzo romani, non farebbe cosa cattiva. Soprattutto a se stesso e all'importante ruolo svolto.
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