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16/11/24 ore

Della Valle e i Beni Culturali, la politica dell’anti-politica


  • Luigi O. Rintallo

Nell’intervista al «Financial Times», l’imprenditore Della Valle ha dichiarato che, dei sei ultimi ministri dei Beni Culturali coi quali ha avuto contatti per il restauro del Colosseo, almeno quattro erano degli “imbecilli”. Un insulto gratuito alle persone, ma anche inappropriato perché tutt’al più si potrebbe contestare loro di essere degli incompetenti e di non essere efficaci nella loro azione politica e amministrativa. Dopo di che, a questo punto, bisognerebbe interrogarsi perché non estendere anche agli altri due tale giudizio, viste le condizioni in cui continua a permanere la gestione del nostro patrimonio culturale.

 

Proprio il recente episodio dell’assemblea sindacale che ha determinato la chiusura per due ore del Colosseo, ha dimostrato quanto poco accorta sia la politica adottata in questo settore. Si legge che a Roma si è puntato quasi esclusivamente sull’Anfiteatro Flavio dal punto di vista degli investimenti e che anche una breve sospensione degli ingressi dei turisti comporta una perdita notevole dei ricavi. Già questo la dice lunga sulla scarsa preveggenza di quanti amministrano il patrimonio culturale italiano. Se a questo si aggiungono scelte discutibili, come quella di far sì che Roma al contrario di Madrid o Parigi sia priva di un “suo” museo, avendo diviso i reperti più importanti della sua storia in più sedi museali poco pubblicizzate, ecco che c’è più di un motivo per interpretare i difetti nella strategia ministeriale come un problema che perdura nel tempo e non attribuibile solo alla “imbecillità” di questo o quel ministro.

 

L’intervista di Della Valle rientra, da questo punto di vista, nella coltivazione di quell’anti-politica che è tipica del nostro tempo. Alimentata dal sistema informativo, di fatto in mano a personalità e gruppi dell’economia, ha contribuito a ridurre gli spazi di partecipazione democratica. Salvo poi assistere, come è appunto il caso di Della Valle, alla sua proposizione quale centro aggregatore di un ipotetico riscatto del Paese.

 

Ma senza togliere nulla alle abilità industriali e professionali dell’imprenditore marchigiano, rimane alquanto problematico vederlo nei panni di chi rilascia patenti di lungimiranza politica, dal momento che solo qualche tempo fa era tra i fiduciosi sostenitori dell’attuale premier, oggi da lui avversato.

 

In fondo, quella di Della Valle è una forma di protagonismo da parte di un esponente dell’establishment che ha la pretesa di tirarsi fuori da un contesto, di cui è invece parte integrante. E com’è noto è ben difficile che la causa di un problema possa esserne la soluzione.

 

 


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