Come prevedibile, la sua missione – raccontano tra ironia e derisione i media – si è rivelata im-Possibile. Così, il fuoruscito grillo-parlante della minoranza del Pd ha provato sulla sua pelle quanto sia difficile non vivere sotto l’ombrello del partito che gli aveva comunque regalato oltremisura tanta visibilità.
Lo ricordiamo sempre in televisione o attorniato per strada come una star dal codazzo di microfoni e telecamere a fare il controcanto sfiatato a Matteo Renzi. Allora serviva alla causa, come "utile idiota" (senza offesa, è un modo di dire) di cui spesso ci si serve per dimostrare che all’interno di un partito c’è dialettica democratica. Ma di questo gioco sterile e alla lunga improduttivo Pippo Civati si stancò qualche mese fa e, dopo tanto minacciare, se ne andò sbattendo la porta per una nuova velleitaria avventura.
Da allora, come d’incanto, i riflettori sul suo personaggio si sono spenti: l’occhio di riguardo dei media s’è voltato altrove; il silenzio è calato e la campagna referendaria messa in piedi per esistere è scivolata nell’indifferenza generale, esattamente come accade ai comuni mortali che fanno politica senza usufruire dell’aiutino di regime.
Se ne lamentava ultimamente con insistenza, manco fosse un radicale (nel senso del partito) qualsiasi. A inizio settembre da Mentana al TgLa7, Civati ringraziò per l'invito rimarcando con amarezza la mancata informazione delle grandi testate (televisive e non) sulla sua iniziativa. Le stesse testate che magari ora lo inseguono per farsi raccontare il fallimento.
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