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03/05/24 ore

M5S a Imola, Grillo e Casaleggio sono pronti a non governare


  • Ermes Antonucci

"Siamo in missione per conto della democrazia": la perla della serata grillina di Imola ce la consegna il guru Gianroberto Casaleggio, con la solita presunzione di chi, da visionario, è convinto di saperla sempre più lunga degli altri, dei comuni mortali, degli adepti. Ma povera democrazia: se esistesse, di fronte ai meccanismi fittizi di partecipazione popolare e selezione della classe dirigente messi in piedi dal duo al vertice del movimento pentastellato, a questo punto probabilmente avrebbe già preso le distanze.

 

Ormai, comunque, siamo abituati alle contraddizioni a 5 stelle. E ieri, nella kermesse grillina all'autodromo di Imola, di contraddizioni ce ne sono state per tutti i gusti. Si parte con le prossime elezioni al comune di Roma. Mentre i sondaggi continuano a dare il M5S in testa, e a premiare un'eventuale candidatura di Alessandro Di Battista, il diretto interessato ribadisce che non si candiderà mai, perché "alle regole non si deroga", neanche se lo chiede Grillo, condannando di fatto il movimento ad una quasi certa sconfitta.

 

Eppure a guardarsi intorno, tutti si dicono pronti ad una grande sfida di governo. "Keep calm and M5S al governo" recitano le t-shirt degli attivisti. "Siamo certamente pronti per governare" ripete come un mantra anche Casaleggio. Ma ecco il dettaglio: il governo che si intende è quello nazionale, non quello locale che pur riguarda la capitale d'Italia. Insomma, "Roma è in rovina" si denuncia da mesi dalle parti di Genova, però non c'è alcun interesse a prenderne le redini e a cercare di mettere le cose a posto. Una malagestione, anche di pochi mesi, della capitale, potrebbe infatti bruciare ogni possibilità di conquistare il Paese.

 

La democrazia è un impiccio, altro che una missione. Come, poi, se la vittoria alle politiche sia cosa certa: in realtà, battere Renzi al ballottaggio, che tradizionalmente premia l'alternativa meno radicale, sarà un'impresa. Risultato: nel 2018, il M5S potrebbe ritrovarsi fuori dalla poltrona più alta sia del Campidoglio che di Palazzo Chigi, alla faccia della capacità di governo.

 

Intanto, mentre i grillini restano paradossalmente vittima del solito balletto di cifre tra gli organizzatori della manifestazione e la questura (200mila partecipanti contro 20mila, ossia un decimo) - prassi tanto sbeffeggiata fino a qualche anno fa in quanto appartenente alla "politica dei professionisti" - il solito Casaleggio afferma con fierezza: "Nel M5s ci sono "130mila iscritti, credo il doppio del Pd". Come se, a dispetto di quanto professato (a parole) fino a ieri, a contare - da buoni politici - siano i numeri, e non la reale partecipazione degli elettori, la democrazia sostanziale. Basti ricordare, a tal proposito, che alle prime primarie online del movimento tenutesi nel dicembre del 2012, dei 32mila attivisti aventi diritto al voto, ad esprimere una scelta fu solo il 64%. Ma a quanto pare la dittatura degli iscritti, delle tessere, ha colpito anche i pentastellati.

 

Concludiamo, infine, con il "sogno" espresso da Beppe Grillo dal palco di Imola, ossia quello di togliere molto presto il proprio nome dal simbolo del M5S. In verità, probabilmente neanche lui crede a questa possibilità, all'idea che il movimento possa avere un benché minimo futuro senza il proprio capo-padrone. Del resto, se il Pd fa una fatica mostruosa a cercare candidati presentabili, nel Movimento 5 Stelle, dove il vertice pare non avere alcuna intenzione di avviare un reale processo di formazione di una classe dirigente, lo scenario non risulta meno preoccupante.

 

 


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