Chapeau a Yanis Varoufakis per essere riuscito a trasformare il totale fallimento della sua avventura politica - tra velleitarismi, bluff e promesse fasulle che stavano trascinando la Grecia giù nel baratro - in un invidiabile successo personale mondiale. Ora, ambitissimo, va in giro per conferenze da una sponda all’altra del pianeta a pontificare, talvolta (lui dice in pochissime occasioni) a peso d’oro, manco fosse un Bill Clinton o un Tony Blair qualunque.
Dall’Italia ha ricevuto, per esempio, secondo quanto si apprende dalle sue note spese (vanno di moda), 24mila euro per una comparsata tête-à-tête di 20 minuti con Fabio Fazio a Che tempo che fa.
La circostanza ha suscitato l’immancabile clamore sui presunti soldi del contribuente buttati dalla Rai, innescando le rituali polemiche, invero un po’ ammuffite e pretestuose, già emerse ciclicamente in relazione al pingue compenso percepito annualmente dal conduttore ligure. Su questo aspetto il programma di Rai 3 è infatti poco criticabile, essendo a quanto si sa, tra i pochi che rendono davvero alla Tv di Stato in termini di costi di gestione e ricavi pubblicitari.
La logica è per l’appunto quella commerciale, insita tra l’altro anche nel format improntato alla cosiddetta marketta, con ospiti che si alternano sulla confortevole e rassicurante seggiola per presentare il libro, il film, lo spettacolo teatrale, la canzone…, oppure la fantasmagorica legge di stabilità... Si tratta di una sorta di do ut des che non prevede passaggi di denaro, salvo casi eccezionali. Tra questi, quello dell’ex compagno di disavventura di Tsipras, che non aveva capolavori da promuovere, se non - stando alla presentazione della valletta vecchio stampo Filippa - la sua gloriosa reputazione di “economista, professore universitario e saggista”.
Varoufakis ha rubricato l’intervista a pagamento in un'apposita lista B di eventi - "programmati per mantenere la mia indipendenza da interessi equivoci" -, definiti “commerciali”; quindi, in linea con l’approccio sotteso di Che tempo che fa.
Ed è su questa base - commerciale appunto - che ai produttori di quest'ultimo resta valutare se sia valsa la pena spendere mille euro al minuto per il nulla (Vedere per credere), confezionato buonisticamente come solo il "bravo presentatore" sa fare, anche quando per sua stessa ammissione è poco ferrato sul tema. Magari c’è stato un picco d’ascolto proprio nel momento-Varoufakis; chissà. Del resto, il personaggio si presta al target radical chic del programma: quello dei rivoluzionari da salotto, sempre affascinati da chi si pone (a parole) contro il "sistema" che, tra privilegi e rendite parassitarie, li ha in qualche modo arricchiti.
(su Twitter @antoniomarulo)
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