«Il dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va deve essere licenziato». L’ovvietà apparente delle parole della ministra Marianna Madia, pronunciate nel corso di un convegno di Rete Impresa Italia, cozza con la realtà dei fatti e con l’impunità da sempre garantita nella P.A., con la compiacenza o l’indifferenza di molti, sindacati in testa.
La legge infatti per licenziare, per esempio i "furbetti del cartellino" di Sanremo, c'è, anche se non s’è compreso fino in fondo quanto Madia ne fosse al corrente. Tutto sta ad applicarla. Ma le leggi in materia di sanzioni disciplinari nella P.A. quando non mancano, restano più che altro disattese. Questioni di convenienza, di approccio, di forma mentis generale, che storicamente “relega” i dipendenti dello Stato in una riserva protetta oltremodo e oltre la misura garantita da una legislazione tuttora troppo compiacente; cosicché l’indole umana a fregare il prossimo, incarnato nella fattispecie dalla cosa pubblica, può esprimersi in tutto la sua sconcertante baldanza nell’assenza del minimo senso civico, anche di chi sfrutta il privilegio e poi, indignato di regime, te lo ritrovi magari tra i più accaniti sostenitori del cosiddetto partito degli onesti a 5Stelle.
L’uomo in mutande che timbra il cartellino incarna l’emblema della strafottenza che alberga in certi ambienti. È un’istantanea che spiega tutto più di ogni altro commento. Certo, non bisogna generalizzare, come dice sempre Madia, tanto per dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma attenti a non incedere nelle consuete e opportunistiche minimizzazioni.
Chi ha avuto a che fare, anche marginalmente, a latere, con la PA o con tutto quanto vive “sotto l’egida” del colossale debito pubblico, conosce l’andazzo e anche il senso d'impotenza di chi si batte affinché la ricreazione per taluni finisca.
Ripararsi – come fanno tanti, troppi - sempre e comunque dietro le colpe, vere o presunte, dell’impopolare quanto impersonale "Politica" è diventato un esercizio di comodo urticante, oltre che ipocrita.
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