Dopo il voto, frequentemente ci si domanda chi insegue chi: è la realtà virtuale allestita dai media a registrare le tendenze elettorali o sono queste ad esserne influenzate? Quanto gli elettori sono condizionati dai sondaggi che precedono la votazione e quanto se ne discostano? Nelle ultime elezioni comunali, questo dubbio materializza la sua consistenza specialmente nelle grandi città.
A Milano sorprende alquanto che la sovraesposizione di Matteo Salvini abbia fatto raccogliere alla Lega solo poco più della metà dei consensi di Forza Italia, mentre a Roma tutto è andato sostanzialmente come previsto alla vigilia anche se l’esito finale, con il raddoppio dei voti per la lista di estrema destra Casa Pound, ha spazzato via un bel po’ di interrogativi sulla candidatura di Giorgia Meloni, che evidentemente rispondeva in primo luogo a esigenze interne all’area di riferimento anziché a pretese mire di leadership.
Ora, in vista dei ballottaggi che – come ha ricordato Angelo Panebianco – non sono un secondo tempo, ma una vera e propria nuova partita, stampa e tv si attivano ancora una volta per “formare” più che “informare” l’opinione pubblica. Lo si capisce da alcuni particolari, come ad esempio l’enfasi e l’insistenza di certe rappresentazioni.
All’indomani del confronto a distanza fra i due candidati al Campidoglio – Virginia Raggi (M5S) e Roberto Giachetti (PD) – svoltosi davanti al conduttore di «Ballarò», Massimo Giannini, il «Corriere della sera» non esita a esaltare la performance dell’aspirante sindaco pentastellata. “La Raggi fulmina Giannini”, recita un titolo che sintetizza l’intervista del talk show di Rai 3. Eppure, non è che si siano fatte scintille durante la conversazione; anzi, la prestazione della candidata è stata come tante altre, se non monocordi comunque abbastanza conformi al suo registro fin troppo sorvegliato.
Perché allora il quotidiano di via Solferino propone una lettura così forzata? Si possono fare due considerazioni. La prima: serve a potenziare l’efficacia comunicativa della Raggi. Un indizio se non di un endorsement nei suoi confronti, comunque di una proiezione funzionale alla linea strategica di fondo della testata, contraddistinta da una ormai ventennale coltivazione in vitro di tutte le pulsioni anti-casta così ben incarnate, ad esempio, dall’attività della coppia Stella-Rizzo. Che poi il frutto da cogliere sia per lo più indignazione e risentimento, così da evitare la formazione di un progetto politico alternativo, rientra per l’appunto negli scopi che si prefigge l’establishment di cui si è emanazione.
La seconda considerazione riguarda di più il merito dello scambio di battute fra Virginia Raggi e Massimo Giannini. Alla domanda se si sentisse una “replicante” delle direttive provenienti dai vertici del Movimento 5 Stelle (la Casaleggio Associati), la candidata ha chiesto al conduttore se non si sentisse a sua volta replicante di se stesso, dal momento che l’identica osservazione gliel’aveva espressa solo un mese prima. Di per sé la reazione non ha nulla di “fulminante”, perché al contrario risulta imprecisa e sviante: un conto è ripetersi e un conto è ripetere ciò che ci suggeriscono altri.
In realtà, la risposta della Raggi conteneva ben altro, laddove riferiva che Roberto Giachetti avrebbe chiesto a Renzi di “consentirgli” di dire che qualunque sia l’esito finale del ballottaggio, esso sarebbe stato responsabilità esclusiva di Giachetti stesso. Ebbene tutto ciò, che dava indubbiamente maggior senso al dialogo visto dai telespettatori, è stato completamente occultato nei resoconti giornalistici.
Superficialità o, ancora una volta, convenienza comunicativa indirizzata a ottenere determinati effetti?
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