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23/11/24 ore

Prodi, una presa di posizione rilevante


  • Silvio Pergameno

Romano Prodi ha rilasciato al Corriere della Sera (31 gennaio 2018) un’intervista, che avrà sicuramente riflessi di grande rilievo sia sull’evoluzione degli schieramenti politici, sia sotto il profilo elettorale: “Renzi, il gruppo che gli sta attorno, il PD e chi ha fatto gli accordi con il PD sono per l’unità del centro sinistra.” Dice Prodi. Liberi e uguali, invece? chiede l’intervistatore. “LeU non è per l’unità del centrosinistra. Punto”.

 

E così Romano Prodi non ha lasciato spazi a Liberi e Uguali di Grasso e di D'Alema, Bersani, Speranza ..., proprio sulla gestazione di un percorso riformista nel nostro paese. Un percorso che ha una storia lunga e complessa, della quale va messo il rilievo il fatto che Saragat e il Partito socialdemocratico non sono riusciti a prevalere, per l’assenza, come da sempre veniamo ripetendo, di una forte cultura liberale in Italia, nella quale sono così prevalse le culture e forze politiche marxiste e cattoliche.

 

Oggi, comunque, Romano Prodi potrebbe far compiere un altro passo avanti sul percorso di formazione di una nuova articolazione politica, dopo il crollo di quella novecentesca della prima Repubblica (percorso cui abbiamo già accennato su AR), con una nuova sinistra in gestazione sulla scia dell’Ulivo e una nuova destra intorno a Berlusconi? Un processo che avrà i suoi tempi di… decantazione, con incontri e scontri, scissioni e riconciliazioni… ma sul quale alcune considerazioni sono sin da ora possibili.

 

Anche se nel PD sono confluiti elementi di varia provenienza politica, il partito è soprattutto il risultato di due formazioni che hanno una storia politica e ideale alle spalle, la Democrazia cristiana (o almeno una parte di essa, quella ispirata al cattolicesimo sociale) e il Partito comunista, le due culture che – come si è detto -  nel cinquantennio scarso intercorrente tra la fine della seconda guerra mondiale e l’implosione del comunismo sono state le prevalenti nel nostro paese (si veda in particolare i libri di Rippa).

 

Nei primi anni novanta del secolo passato il sistema politico della prima Repubblica è imploso, e la battaglia politica di Marco Pannella, con i diritti civili al centro dello scontro, ha avuto in questo passaggio storico un ruolo fondamentale, anche se non conclamato: ma subito dopo, nel quadro delle forze politiche del centro sinistra prende il massimo rilievo la formazione dell’Ulivo, sostanzialmente legata all’iniziativa di Romano Prodi e fondata proprio sulla base dell’ex sinistra democristiana e dell’apparato dell’ex PCI, raccolto nel PDS (poi DS).

 

Si trattava di una conseguenza della crisi, ma le parti di questa convergenza si mettevano insieme, cosa che in passato non era mai avvenuta, perché prima il PCI pensava, in definitiva, a vincere lui la partita mentre la DC utilizzava la buona disposizione del PCI per i suoi fini di governo. Ma ormai la DC non c’era più, il concordato era ingiallito, il marxismo era ridotto al silenzio, e le vecchie bandiere del PCI tentava di raccoglierle Rifondazione Comunista… oggi però scomparsa (e non è fatto da sottovalutare).

 

E oggi riemerge Prodi, certo senza Ulivo, ma anche questa volta armato di una… conseguenza, ovviamente dell’Ulivo, col tempo diventato PD e del PD che ha subito la scissione dei demoprogressisti, ora confluiti in Liberi ed Uguali.

 

Oggi, però, la coalizione che LeU rappresenta è rimasta tramortita dalle dichiarazioni di Romano, e, ciononostante continua a insistere su un  antirenzismo, che però è diventato assai pericoloso perché diventa antiprodismo, e quindi resta ancorata a una vetusta condizione socio-politica dalla quale il Paese forse sta uscendo: per il sempre più stretto ancoraggio europeo, per gli eventi degli ultimi decenni, per la nuova impronta emergente nel mondo  cattolico con gli ultimi papi  (e Bergoglio in particolare), per quelle battaglie per i diritti civili che furono di Marco Pannella (che aveva pochi collaboratori, sì, ma è stato compreso dal paese, e vittorioso in battaglie referendarie di significato e portata decisiva). 

 

Certo è che Prodi ha detto che non farà campagna elettorale. E i motivi sembrano evidenti. Un intervento diretto negli scontri delle prossime settimane lo farebbe scendere nell’agone, quando proprio la sua funzione oggi è quella di far decantare in qualche modo - nei termini, con le possibilità e con le difficoltà di oggi – il prodotto di una storia.

 

 


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