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30/10/24 ore

Partiti e istituzioni


  • Silvio Pergameno

Appare sempre più certo che l'Italia stia attraversando un momento politicamente interessante, anche se le forze politiche fanno di tutto per lasciar capire il contrario e cioè che la vita pubblica e il dibattito continuino nel solco e con movenze tradizionali. I sondaggi di opinione comunque parlano chiaro: i maggiori partiti sono sotto lo schiaffo di un'opinione pubblica che reagisce certo nelle forme più semplici, ma reagisce, destando ovvie preoccupazioni in vista delle prossime elezioni.

 

Tanto più che un preciso segnale è venuto anche dalla Presidenza della Repubblica, nello scorso novembre, e che quindi il malcontento popolare ha trovato un riscontro al massimo livello istituzionale, ovviamente nelle forme dovute, che, però, conferiscono una valenza del massimo livello alla protesta che sale dal basso, alla quale viene quindi conferita quella dignità e quella forza politica e istituzionale che i controinteressati cercano in qualche modo di scongiurare, banalizzandola con le consuete accuse di qualunquismo.

 

In altri termini, l’avvento del governo Monti, per le modalità con le quali ci si è arrivati, merita quindi, come sottolineavamo giorni fa, la massima attenzione in quanto, essendo queste modalità il risultato della corretta interpretazione dell’art.90, comma 2° della Costituzione, rappresenta una svolta che tocca in profondità la vita delle istituzioni nel suo effettivo svolgimento, con palese innovazione proprio nell’ambito di quelle premesse giuridiche che ne avevano ispirato il corso nel sessantennio precedente.

 

L’argomento non poteva, ovviamente, essere ignorato da “Repubblica”, e ha trovato spazio nella lunga articolessa domenicale di Eugenio Scalfari, che nel percorso istituzionale della Repubblica italiana ha avuto un ruolo del massimo rilievo. Ma l’approccio del fondatore di “Repubblica” non sembra adeguato al livello del tema.

 

Dice infatti Scalfari che tra le novità della svolta montiana, - principalmente l’aver evitato il fallimento dello stato e l’aver riconquistato la fiducia dell’Europa – “ce c’è un’altra che potrebbe produrre un mutamento addirittura rivoluzionario nella storia dell’Italia repubblicana ed è il ruolo delle istituzioni nel quadro istituzionale e politico” perché ”noi ci siamo abituati a considerare le istituzioni come altrettanti snodi delle attività dei partiti. Non è così, o meglio non dovrebbe essere così poiché non è questo il ruolo delle istituzioni in uno stato di diritto nella sua versione di democrazia parlamentare”. E poi si diffonde nel tracciare i caratteri di questo ruolo, la posizione di terzietà delle istituzioni, mentre i partiti sono portatori di interessi per l’appunto di parte.

 

E così in buona sostanza e con la perizia del giornalismo di alto bordo il discorso di fondo viene aggirato, perché resta fuori ogni considerazione sulla lenta, ma attenta costruzione del regime dei partiti, attraverso l’uso partigiano dei poteri che l’ordinamento costituzionale conferisce alle istituzioni e il mancato esercizio dei poteri di controllo e bilanciamento, quelli previsti dalle norme e quelli che restano affidati alla società civile, dei quali la stampa è, o dovrebbe essere, portavoce e ispiratrice.


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