Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

22/11/24 ore

Coronavirus: l’assenza di Europa e di cultura liberale. La distorsione del nostro sistema informativo


  • Luigi O. Rintallo

Dopo l’improvvida dichiarazione della presidente della BCE, Christine Lagarde, perfino il solitamente cauto Sergio Mattarella è intervenuto con parole nette: dall’Europa, “si attendono… a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possano ostacolare l’azione…” di contrasto alla crisi per le conseguenze dell’epidemia in corso.

 

Eppure, nel circo informativo italiano, per una volta al Presidente della Repubblica è toccato inizialmente  il destino di un radicale qualsiasi, nel senso che il suo intervento è stato quasi del tutto “marginalizzato”, impegnati com’erano a inneggiare all’invio di nove (dicasi nove) medici dalla Cina, la quale ha anche “restituito” una parte delle mascherine e dei materiali sanitari da noi inviati all’inizio dell’epidemia lì.

 

Poi il presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha cercato un parziale rimedio e anche i silenti Paolo Gentiloni, commissario europeo all’economia e David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, si sono apparentemente svegliati dal sonno subalterno che li caratterizza.

 

In queste settimane, si è manifestata a pieno la distorsione del nostro sistema informativo che, a parte le eccezioni, più che informare ha “deformato” secondo la scuola dei collaudati uffici agit-prop. Dopo un Carnevale trascorso a mettere la maschera di razzismo alla paura del contagio, sempre accompagnata dalla locuzione “irresponsabilmente alimentata”, con la Quaresima si è passati a cantare il “Gloria” per la reclusione dell’intero Paese imposta per decreti partoriti con innaturale travaglio, a causa soprattutto della collocazione in un iperuranio formalistico-giuridico dei loro estensori.

 

Ora è tutto un invocare ordine e disciplina, è tutto un appello alla nazione e al senso di comunità, dimentichi del fatto che a forza di questa retorica si è arrivati all’8 settembre regalatoci da Badoglio. Perfino gli opinionisti celebrati come “liberali” (senza mai assumerne i comportamenti conseguenti) straparlano di “libertà” da mettere da parte nei momenti d’emergenza. Al contrario, ad essere mancati sono proprio gli elementi minimi della cultura liberale: paghiamo le conseguenze della sua assenza presso la classe politica e dirigente dell’Italia.

 

È proprio di questa cultura fondare ogni azione su un metodo pragmatico e graduale, che invece non è affatto praticato nemmeno in questo particolare frangente. Persino l’emergenza viene usata strumentalmente in senso contrario: da un lato si mette in deroga la libertà dei cittadini, ma dall’altro si stenta a derogare dalle norme cervellotiche e bloccanti della burocrazia che ostacolano l’apertura di padiglioni ospedalieri di emergenza in Lombardia, l’area più a rischio. 

 

Altrettanto avviene sul fronte delle scelte economiche, con i timidi interventi proposti dal ministro Roberto Gualtieri: i 12 miliardi impegnati per questo anno in corso sono ancora figli della sudditanza, psicologica prima ancora che reale, alle logiche dei vincoli imposti in Europa.

 

Tanto che è possibile alla stessa presidente della Commissione, Von der Leyen, sorprendere tutti con l’annuncio di una ben altra consapevolezza degli effetti provocati dalla crisi derivante dalla diffusione del virus: la Germania conta di investirne 550 di miliardi. A testimonianza di come un’intera classe politica vive una dimensione di subalternità, consegnata com’è alle logiche di pura preservazione di sé stessa.

 

Intanto sul fronte quotidiano della lotta alla malattia, emerge la situazione critica delle nostre strutture sanitarie. E va detto che la loro precarietà  si deve anche a quella sorta di  antropologia negativa diffusa a piene mani in questi ultimi anni.

 

Oggi i medici sono eroi, ma solo qualche tempo fa erano il bersaglio delle denunce – spesso pretestuose – che potevano contare sull’accoglienza e relative condanne da parte di una magistratura investita da una pretesa salvifica. Il giustizialismo e l’anti-politica insediatisi nelle istituzioni hanno fatto la loro parte per ridurre in stato comatoso la coesione civile ed esporci al caos.

 

 


Aggiungi commento