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24/11/24 ore

L'emergenza Somalia si sente in Kenia


  • Francesca Pisano

Hanno attaccato il Centro commerciale Westgate di Nairobi, frequentato all’ora di pranzo di sabato scorso da oltre 1000 civili, assimilati a bersagli da annientare, perché non ci siano dubbi sulla gravità di quello che sta accadendo, non stanno scherzando. Si tratta dei miliziani somali di Al Shabaab che hanno tenuto in ostaggio i visitatori del centro, portando il numero dei morti a 68, i feriti sono 175.

 

Il gruppo terrorista affiliato di Al Qaeda vendica così il supporto militare che il Kenya ha fornito sin dall’Ottobre 2011 al governo della Somalia, per liberare la parte sud del Paese dalla presenza di frange estremiste nell’area. “Un’intromissione” che non è stata mai tollerata e che rappresenta oggi una questione irrisolta.

 

Solo pochi giorni fa a Bruxelles, durante la conferenza denominata New Deal, sono stati discussi i nuovi obiettivi che il governo somalo di Hassan Sheik Mohamud dovrà perseguire per il periodo 2014-2016. Tuttavia, immediatamente dopo la questione dell’instabilità ancora viva nel Paese è tornata a far temere per il mantenimento dei difficili equilibri in tutta l’area.

 

A seguito dell’incontro svoltosi nella capitale belga è stato approvato “The Somali Compact”, un documento prodotto dal lavoro della comunità internazionale, il governo federale somalo, le Nazioni Unite e la società civile somala. Obiettivi fissati per il Paese sono la ricostruzione e il concepimento di una pace duratura, da perseguire attraverso un processo di inclusione politica che coinvolga i cittadini, le istituzioni e le amministrazioni decentrate nell’attuazione di una riconciliazione sociale, oltre che nazionale e locale.

 

E’ stato individuato il 2015 come anno in cui verrà adottata la nuova Costituzione Federale, mentre il concetto di inclusione è riferito al coinvolgimento nella vita politica delle donne, dei giovani e dei gruppi svantaggiati.

 

Altro obiettivo strategico prefissato è quello della sicurezza intesa come base fondamentale per il funzionamento delle istituzioni e per la tutela dei diritti delle donne, dei giovani e dei bambini. Sicurezza come condizione essenziale per ridurre l’influenza dell’estremismo all’interno della società somala.

 

Ancora la giustizia è uno scopo stabilito nel Compact, da intendersi come una riforma che risponda alla necessità di stabilire, mantenere e rafforzare giuste istituzioni che sappiano rispondere all’esigenza del popolo di riporre fiducia in esse. A tal fine viene prevista la fornitura di servizi pubblici o a prezzi accessibili per i cittadini meno abbienti.

 

Inoltre rilanciare l’economia e l’occupazione costituisce un altro punto nodale per la ricostruzione e la crescita del Paese, dopo i 20 anni di guerra civile che lo hanno attraversato. Aumentare poi l’offerta di servizi equi, accessibili e sostenibili perché si possa perseguire la pace e la riconciliazione nazionale tra le regioni e i cittadini della Somalia; migliorare l’aumento di reddito in modo trasparente e responsabile oltre che garantire un’equa distribuzione e la condivisione di risorse pubbliche. Fra esse viene prefissato l’accesso all’istruzione per un milione di bambini entro il 2016.

 

Se questi, tuttavia, sono i propositi esposti nuovamente sulla carta, purtroppo i recenti accaduti in Kenya, direttamente collegati ai problemi che la Somalia vive per quanto riguarda la presenza di Al Shabaab nel Paese, fanno credere che ancora lungo sia il processo da attraversare per conseguire una vera resilienza. Lo ha ribadito nei giorni scorsi il ministro degli esteri Emma Bonino sostenendo come “la sicurezza sia ancora il punto debole del Paese e debba essere l’obiettivo primo del processo politico”.

 


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