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12/10/24 ore

Alla ricerca di un nuovo Patto per l’Europa


  • Ermes Antonucci

Di fronte ai primi timidi segnali di ripresa economica, le istituzioni europee non devono cadere nell'errore di agire secondo una logica di consolidamento, convinti che il peggio sia passato, ma, al contrario, varare un piano di rilancio dell'intero progetto comunitario su larga scala. E' questo il messaggio lanciato dal secondo rapporto del progetto "New Pact for Europe", presentato ieri a Roma a Spazio Europa, sede della rappresentanza in Italia della Commissione Europea.

 

Il rapporto, promosso da un consorzio di fondazioni europee in collaborazione con 19 centri di ricerca (tra cui lo IAI), recepisce gli input raccolti attraverso una vasta consultazione "partecipativa" realizzata in diversi paesi Ue e giunge ad identificare due principali sfide che il progetto di integrazione europea si trova oggi ad affrontare: da un lato la crescente frammentazione economica, politica e sociale tra i paesi dell'Unione Europea, e dall'altro la diffusa percezione all'interno dei paesi europei che il progetto comunitario non sia ormai più conveniente per tutti coloro che ne fanno parte. Tendenze piuttosto tangibili se si pensa alla costante lettura che vede dividere l'Unione tra un "nord" virtuoso e un "sud" fannullone, o tra un insieme di paesi "creditori" ed un altro di "debitori", e all'inarrestabile diffusione di movimenti anti-Ue in giro per l'Europa.

 

E' per questi motivi che secondo il rapporto sul "Nuovo patto per l'Europa", il processo di integrazione europea avrebbe bisogno di un nuovo slancio, fondato su tre pilastri: un vasto piano di investimenti economici, la promozione di maggiore coesione sociale, e il rafforzamento dei canali partecipativi tra istituzioni Ue e cittadini. A questi tre pilastri si dovrebbe poi affiancare il varo di un grand project focalizzato sulla realizzazione di un'unione energetica.

 

Il rapporto, come puntualizzato dalla stessa Nicoletta Pirotti, responsabile di ricerca dello IAI, e da diversi partecipanti al convegno lascia molte domande aperte (dalle coperture economiche alle misure effettive per l'intervento in quelle aree strategiche), e lascia da parte inoltre molteplici aspetti ugualmente cruciali, come l'esigenza della creazione di una reale unione politica e finanche militare.

 

Il significato di fondo, tuttavia, resta: "La ripresa economica, frutto del calo del prezzo del petrolio e dell'intervento della Bce, ci sta solo dando del tempo" ha sottolineato Paolo Guerrieri, senatore e professore di Economica Internazionale all'università La Sapienza, auspicando "un cambiamento radicale" in ambito europeo.

 

Ma come agire concretamente? Mentre l'ex ministro Elsa Fornero si è limitata a criticare le misure contenute nel piano del presidente della Commissione Ue Juncker, che "prevedono investimenti sulle infrastrutture ma non sulle conoscenze dei giovani, sul capitale umano", ad eliminare ogni dubbio ci ha pensato Nicola Verola, collaboratore tecnico del sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi (Pd), ricordando le preziose conquiste lessicali ottenute da Renzi durante il tanto sbandierato semestre di presidenza europea (sul maggiore uso, ad esempio, della parola "flessibilità"). A conferma indiretta che invece, a livello fattuale, si è ottenuto ben poco.

 

 


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