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05/12/25 ore

Perché Israele perde la sfida della comunicazione. Conversazione con il prof. Andrea Yaakov Lattes



“… Israele sta perdendo la guerra della comunicazione - scrisse (già nel marzo del 2024) Ugo Volli su Shalom il sito della Comunità ebraica di Roma -, come era già successo in passato, per esempio nelle due guerre del Libano. Le ragioni di questa sconfitta, che avviene nonostante una qualificata presenza ebraica nei mezzi di comunicazione, sono diverse. La prima è che le risorse messe in gioco dai nemici di Israele nel campo della cultura e della comunicazione sono immense, senza paragone con quelle dello stato ebraico.

 

Il Qatar prima di tutto, ma anche l’Iran e le forze legate alla Fratellanza Musulmana hanno speso miliardi di dollari nelle università e nei mezzi di comunicazione, assicurandosi il predominio non solo di queste istituzioni ma anche dei manager delle più grandi imprese e dei politici che vi vengono formati. La seconda ragione è l’ideologia “intersezionale” che punta a unire tutti i nemici della tradizione occidentale, anche se in contraddizione fra loro. Gli islamisti sono appoggiati dai nostalgici del socialismo, dai militanti del “transgender”, dagli estremisti razzisti anti-bianchi, cui qualche volta si aggiungono ali moderniste estreme di varie denominazioni cristiane. E’ una coalizione che ha un grande potere di ricatto sui media e sui politici…”.

 

“… C'è una situazione chiara - dice in una intervista il segretario del Partito Radicale Maurizio Turco -, da una parte c'è Hamas che controlla la Striscia di Gaza. È lì Hamas ha vinto le elezioni e quelli di Fatah, il partito di Abu Mazen, o sono scappati oppure li hanno ammazzati. In Cisgiordania, alle elezioni comunali del 2022, la sinistra dell'Olp e Hamas si sono accordati e hanno messo in forte difficoltà l'Anp. Di quale Palestina parlano? Abu Mazen ha definito figli di cane quelli di Hamas e ora dovrebbero stare insieme? Non si può fare uno Stato democratico con l'Anp solo perché ha riconosciuto Israele. E se tra un anno fanno le elezioni e Hamas vince? Hamas considera gli altri traditori perché hanno rinunciato al terrorismo. Questo Stato palestinese chi è? Che tempi si danno per fare crescere una coscienza democratica? Quello che manca una centrale internazionale delle democrazie. Bisogna ripartire dalla costruzione delle democrazie…”.

 

Ogni morte è fonte di dolore e per un nonviolento e obiettore di coscienza qualcosa di terribile. Quello che succede a Gaza è sotto la lente di ingrandimento di tutta la comunicazione occidentale. Si tratta di qualcosa che ha una matrice ben precisa e si nutre di intenzioni che non sempre corrispondono al sentimento forte e doloroso che queste morti producono. 

 

Quasi nessuno di coloro che legittimamente soffrono per Gaza ha mai manifestato sofferenza simile per le migliaia di morte in Siria (sotto l’ispirazione russa e turca). Per le centinaia di morti, bambine e bambini, donne e uomini, anziani e giovani curdi, beluci, drusi - solo per citare alcune realtà. Scarsissima illuminazione  hanno i massacri in Sudan, dove i Fratelli musulmani sono i fagocitati della drammatica guerra civile.

 

Questo esclude una valutazione critica, dura sulle scelte di Netanyahu e sulla coalizione che compone il suo governo, Tutt’altro!!! A centinaia di migliaia di cittadini israeliani hanno manifestato a Tel Aviv nella democratica Israele. Eppure sono tutti gli ebrei e gli israeliani sotto attacco e oggetto di linciaggio. Lo stesso non accade per fare un esempio nei confronti dei turchi e sui suoi massacri - per esempio verso curdi, drusi, ecc. ecc. -, per fare un esempio.

 

“ … In Italia - scrive Francesco Sisci  - è di moda essere filopalestinese, è giusto, come ci si può opporre al sacro diritto di vivere di tanta povera gente a Gaza? Non è una moda come farsi i tatuaggi o mettersi gli anelli al naso. È una giusta affermazione di un comune sentire. Ma forse non è tutto qui. Dietro la simpatia per la Palestina c’è l’avanzata prorompente della causa di Hamas, un’organizzazione estremista islamica dichiaratamente terrorista…”.

 

Eppure “… la comunicazione quotidiana del numero dei morti palestinesi (anche uno sarebbe fonte di tormento comunque) proveniente - sottolineava ancora Ugo Volli - da qualche propagandista di Hamas che si definisce “Ministero della salute di Gaza”, anche se a Gaza oggi non ci sono né governi, né ministeri, né organismi in grado di fare statistiche complessive sulle vittime della guerra. Ma ogni giorno si propalano questi numeri, secondo cui sembra che Israele riesca nel miracolo masochista di non colpire mai i propri nemici armati, cioè i terroristi, ma quasi solo donne e bambini. Molte fonti, hanno pubblicato analisi che mostrano, numeri alla mano, che questi “dati” sono del tutto inverosimili. Ma essi continuano a essere citati e stanno alla base della più velenosa operazione contro Israele, quella che gli attribuisce un “genocidio” dei palestinesi, ottenendo così libero gioco per invertire la colpa della Shoà e poter dire che Israele fa ai palestinesi quel che i nazisti hanno fatto agli ebrei – e dato che le cose stanno così, probabilmente i nazisti non hanno sbagliato se non nel “non finire il lavoro…”.

 

Israele dunque perde la sfida della comunicazione. Agenzia Radicale ne discute con il prof. Andrea Yaakov Lattes, docente presso il Yaad Academic College di Tel Aviv, nell’audiovideo che segue.

 

- Perché Israele perde la sfida della comunicazione. Conversazione con il prof. Andrea Yaakov Lattes

(Agenzia Radicale Video)

 

 


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