Ha rivolto un drammatico appello al ministro Boccia la bolzanina Michaela Biancofiore, deputata Fi e coordinatrice regionale del Trentino Alto Adige «e ovviamente al commissario del governo di Bolzano, affinché l’aberrante legge approvata ieri dal consiglio della Provincia di Bolzano, a maggioranza etnica Svp-destre, che abolisce il nome Alto Adige, venga immediatamente impugnata. Un atto gravissimo di abolizione della toponomastica, un attentato vero e proprio alla Costituzione. Lasciar passare un tale affronto al sistema Paese – aggiunge - sarebbe come accettare che una minoranza nazionale che assuma il controllo del governo nazionale, abolisca il termine Italia».
Le ha fatto eco Giorgia Meloni: «Continua l’ignobile guerra di aggressione della Svp e dei secessionisti sudtirolesi all’italianità dell’Alto Adige». Ha voluto o dovuto fare l’indignata pure Maria Elena Boschi, fatta eleggere a Bolzano perché dalle parti sue non era aria per via di Banca Etruria: «Aver cancellato il termine Alto Adige dalla legge europea con un colpo di maggioranza è stato un grave errore».
Subito «Presente!» ha risposto il ministro pieddino per gli Affari regionali Francesco Boccia, che ha preteso dal presidente della regione Kompatscher di fare marcia indietro.
C’entra in qualche modo l’Europa, l’Unione Europea in questa polemica, perché lo scandalo è scoppiato nell’ambito dell’approvazione, da parte del Consiglio provinciale di Bolzano, del provvedimento che ha modificato il testo italiano del disegno di legge 30 sull’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Ha quindi ragione lo stesso Kompatscher a porre in questi termini la questione: «A Bruxelles la Provincia deve essere rappresentata come ente territoriale o invece come territorio?». Cioè: burocraticamente, convenzionalmente, sia pure costituzionalmente o realmente, veritieramente?
Che la questione abbia un innegabile respiro europeo è nella storia stessa del nome ‘‘Alto Adige’’, che è stato concepito originariamente in francese : ‘‘Haut Adige’’.
All’inizio fu il Dipartimento dell’Alto Adige (Département du Haut-Adige), dal 1810 al 1814 nel napoleonico Regno d’Italia. Comprendeva fondamentalmente territori dei Principati vescovili di Bressanone e Trento, buona parte dell’odierno Trentino (più qualcosa delle attuali provincie di Vicenza e Brescia) e la parte meridionale dell’attuale provincia di Bolzano, compresa la bassa valle dell’Isarco e una parte del Burgraviato, le valli a sud di Merano. I territori attraversati dall’alto corso dell’Adige, cioè la Val Venosta, rimasero al Regno di Baviera, con gran parte dell’attuale provincia di Bolzano. Pochi anni prima, a dire in vero, era esistito un ‘‘distretto dell’alto Adige’’ nella Repubblica Cisalpina, ma comprendeva un territorio a sud est di Verona, quindi niente a che vedere con l’attuale Alto Adige.
Alla fine della Grande Guerra, con l’annessione della provincia di Bolzano, oltre che di quella di Trento, si recuperò il nome del vecchio dipartimento napoleonico ampliandone la copertura geografica dalla stretta di Salorno, una ventina di chilometri sopra Trento, fino al passo del Brennero a nord, il passo Resia ad est e Innichen/San Candido ad ovest: l’attuale provincia di Bolzano, insomma.
Ora, se già all’epoca napoleonica la corrispondenza geografica alla denominazione ‘‘Alto Adige’’ era parziale, la provincia di Bolzano in epoca fascista comprendeva effettivamente tutto il corso del fiume Adige, ma il suo territorio si estendeva e si estende ben oltre, comprendendo in particolare anche la valle dell’Isarco e tutta la parte occidentale della provincia, a cominciare dalla Val Pusteria. Per indicare nel suo insieme quella regione annessa al Regno d’Italia, sarebbe bastato tradurre il nome tedesco Südtirol.
Ma il fascismo non poteva tollerare che il sacro confine della patria fosse scavalcato, anche solo nominalmente, da una regione con lo stesso nome, il Tirolo, facente parte dell’Austria. Non accontentandosi di cambiargli nome, il regime avviò un vasto programma di italianizzazione forzata del territorio, a cominciare dalla toponomastica. Se ne occuperà il senatore roveretano .
Con l’istituzione nel 1948 delle Regioni a statuto speciale, il riferimento all’Adige rimane: nasce la regione Trentino-Alto Adige/ Etschland (Trentino-Alto Adige/Terra dell'Adige. Ma dura poco, perché dal 1972 il nome ufficiale "Trentino-Alto Adige/Südtirol" ripristina, almeno in tedesco, l’identità di un territorio che però, a onor del vero, prima dell’annesione italiana definiva il Trentino, detto anche Welschtirol o Welsch-Südtirol. L’attuale provincia di Bolzano si chiamava Mitteltirol, cioè Tirolo centrale, o Deutschsüdtirol. Ma i trentini, nella loro maggioranza, non hanno più rivendicato quella loro antica appartenenza austro-ungarica.
Eliminare ‘‘Alto Adige’’, a vantaggio di ‘‘Provincia di Bolzano’’, sarebbe solo un passaggio verso il ritorno alle origini, cioè il ripristino di ‘‘Sudtirolo’’, visto che ai tempi di Francesco Giuseppe il Tirolo meridionale arrivava fino a Borghetto sull’Adige, 40 chilometri a nord di Verona.
Senonché la denominazione regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è sancita nella Costituzione, e quindi non si può cambiarla con un semplice voto locale. Va detto che l’attuale regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, è di fatto una picola confederazione, visto che quasi tutte le competenze sono state trasferite alle due provincie autonome di Trento e Bolzano, al punto che i 70 membri del Consiglio regionale sono eletti separatamente, 35 e 35, nelle due provincie, proprio come viene eletto il Parlamento Europeo.
Insomma, al di là delle questioni giuridiche, la controversia ha un valore eminentemente politico. La questione va quindi posta in questi termini: una rivendicazione nominalistica come questa va inquadrata in un contesto sovranista, o non invece addirittura europeista, visto che abbiamo a che fare con un conflitto con lo Stato-nazione italiano, non con l’Unione europea?
Uno come Reinhold Messner, che vede i sovranisti come fumo negli occhi, cosí la vede: «Hanno ragione [ad abolire la dizione ‘‘Alto Adige’’], perché noi stessi decidiamo, perché ci sentiamo sudtirolesi. Io sono sudtirolese e non sono un altoatesino, molto semplice. Sono europeo, sono cittadino del mondo e sudtirolese […] Il nostro paese si chiama Sudtirolo e non Alto Adige: quella è stata un’invenzione di De Gasperi di tanti anni fa».
E a nulla serve opporgli un altro celebre sportivo di quelle parti come Gustav Thöni, che ha invece dichiarato : «A me non crea alcun problema la denominazione ‘‘Alto Adige’’. Sarei favorevole a mantenerla. Io mi sento altoatesino. Ho gareggiato e vinto con l’Italia e mi sono trovato sempre molto bene».
Sudtirolese versus sudtirolese, quindi? Niente affatto. Sudtirolese versus altoatesino, semmai. Perché Thöni è effettivamente un altoatesino, visto che è nato a pochi chilometri dalle sorgenti dell’Adige. Non solo, ma nella sua Trafoi e nella sua Vinschgau/Val Venosta (che rappresenta, come si diceva, un terzo della provincia di Bolzano), si parlava romancio, ladino fino al XIX secolo. Più che Tirolo del Sud, quelle terre erano Grigioni, Engadina orientale.
La germanizzazione forzata e anche brutale intrapresa dagli Asburgo (dall’illuminata Maria Teresa fino a Francesco Giuseppe) – a cominciare dai cognomi e dalla toponomastica - è stata molto più incisiva dell’italianizzazione imposta dal fascismo. Ma della germanizzazione si è ormai persa memoria, mentre le ferite della colonizzazione italiana sono ancora aperte.
Ha quindi ‘‘ragione’’ Messner: Sudtirolo, no Alto Adige. E non è certo un caso che nel vocabolario italiano di un altro celebre figlio di quella terra, di specchiato europeismo federalista come Alex Langer, ci fosse ‘‘Sudtirolo’’ e ‘‘sudtirolese’’, no ‘‘Alto Adige’’ e ‘‘altoatesino’’.
é uscito il N° 118 di Quaderni Radicali "EUROPA punto e a capo" Anno 47° Speciale Maggio 2024 |
è uscito il libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "Napoli dove vai" |
è uscito il nuovo libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "l'altro Radicale disponibile |