di Adriana Dragoni
Luca De Fusco vince ancora. Con Shakespeare. Traducendo, da grande regista, un capolavoro letterario della drammaturgia mondiale, il Macbeth, in spettacolo, in opera visiva. E lo attualizza. Non solo apportandovi i mezzi digitali moderni ma soprattutto evidenziando quanto del testo e nei suoi simboli sia di scottante attualità. Un motivo che spinge gli spettatori a esserne, consapevoli o no, ancora più affascinati.
La scena si apre su una intricata foresta in cui è facile perdere l'orientamento, come nel mondo d'oggi. Giovani donne nude, dalle movenze armoniose, sdutte e lascive, si rotolano su un enorme uovo bianco, fatto di piume. Ma, quando queste donne parlano, le loro movenze diventano storpie, strane, a scatti, aggressive.
Le donne profetizzano a Macbeth, stordito e attratto da loro, che diventerà signore di Cawdor e poi re di Scozia. Macbeth, vassallo del re Duncan di Scozia, è lì con l'amico Banquo ed è appena tornato vincitore dalla guerra contro il signore di Cawdor. All'annuncio della profezia, rimane interdetto. Arriva un messo. Informa Macbeth che è stato dal Re nominato signore di Cawdor. L'enorme uovo bianco fatto di piume si espande, ingrandendosi fino a mutarsi in due enormi ali, che sembrano venire verso gli spettatori, quasi a volerli assalire, sovrastandoli. E tra queste ali compare la faccia mostruosa e malvagia di un uccellaccio.
Cambiamento di scena. Il Re accoglie Macbeth vincitore e lo festeggia con un banchetto. Poi al centro del palcoscenico appare un letto matrimoniale con Macbeth e sua moglie. Come anche in Antonio e Cleopatra, De Fusco esalta un forte legame uomo-donna. Qui questo legame è fatto di complicità nei loro assassinii. Quello del re, delle sue guardie e anche dell'amico Banquo, a cui le giovani donne maghe avevano predetto che la sua stirpe avrebbe governato la Scozia. Macbeth non ha figli, lo invidia, lo odia. Perciò lo uccide e, diventato re di Scozia, Macbeth vuole festeggiarsi con un convito. Ma poi ha, terribile, il senso di colpa per i suoi omicidi, una colpa incancellabile.
Molto complessa è la psicologia di Lady Macbeth, perfida ma non solo. Dapprima, ambiziosa, decisa, spinge il marito al delitto, lo rimprovera della sua debolezza, della sua indecisione. Ma poi è dolce, materna, quando lui, tormentato dal senso di colpa, vede, ed è il solo tra i convitati, il fantasma di Banquo che, quale immagine virtuale, a volte enorme o sbieca, appare anche agli spettatori. Lady Macbeth ha lavato al marito le mani rosse di sangue. Ma dopo anche le sue mani diventano rosse. E se le strofina continuamente, maniacalmente, quasi a volerle lavare dalla colpa. E infine appare, in un video, quale sonnambula, come un fantasma in delirio.
Affascinanti sono anche altre immagini digitali: i visi ingigantiti dei protagonisti, il pugnale lordo di sangue, grande, terribile, e la processione infinita di tante immagini di uno stesso bambino, che rappresentano chiaramente i discendenti di Banquo, la stirpe che, come avevano profetizzato le maghe, regnerà sulla Scozia.
Reale è la rappresentazione, in un duello, della morte di Macbeth, che ritorna, così, in punto di morte, a essere il valente guerriero che era stato.
Il dramma, umanissimo e visionario, al quale qui abbiamo appena accennato, si chiude con il discorso al popolo del nuovo Re. Ciò che era stato stabilito e profetizzato si è realizzato. L'armonia del mondo si è ricostituita. E così anche, con una sorta di catarsi, l'animo degli spettatori, che lungamente applaudono questo magnifico spettacolo che, una buona notizia per gli amanti del teatro, sarà replicato in autunno, per la stagione del Mercadante.
Napoli Teatro Festival
Macbeth di William Shahespeare
Teatro Mercadante
Traduzione di Gianni Carrera
Regia di Luca De Fusco
Protagonisti: Gaia Aprea e Luca Lazzareschi
Luci di Gigi Saccomandi
Musiche di Ran Bagno
Coreografie di Nora Wertheim