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23/11/24 ore

Rodotà e Landini, i nuovi cavalli di razza della solita compagnia di giro…tondi


  • Ermes Antonucci

Il 12 ottobre la sinistra “movimentista” torna in piazza in difesa della “Via Maestra”, cioè la Costituzione, dopo l’appello lanciato da Stefano Rodotà, Maurizio Landini (Fiom), don Luigi Ciotti (Libera), Gustavo Zagrebelsky e Lorenza Carlassare (Libertà e Giustizia) che ha ricevuto l’adesione di decine di altre note personalità, da Salvatore Settis a Gad Lerner, passando per Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo e Marco Travaglio.

 

Tornano i cosiddetti “intellettuali”, insomma, supremi fari di saggezza nel buio della coscienza della sinistra italiana. Guide intellettuali che poi, a ben vedere, risultano essere sempre le stesse da dieci anni e più almeno.

 

Nel 2002, per esempio, è proprio il direttore di Micromega Paolo Flores d’Arcais a cavalcare l’onda dei girotondi - ideati dal professor Paul Ginsborg con la rappresentanza autorevole di Nanni Moretti (in risposta al “resistere, resistere, resistere!” di Francesco Saverio Borrelli) - e a convocare – il 23 febbraio – una manifestazione al Palasharp di Milano.

 

A sostenerla, neanche a dirlo, vi è l’abituale intellighenzia progressista (Dario Fo, don Luigi Ciotti, Roberto Benigni, Marco Travaglio, Aldo Busi, Andrea Camilleri, Moni Ovadia…), ma anche i soliti arnesi di partito come Antonio Di Pietro, Alfonso Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto e Marco Rizzo.

 

Gli appelli, le sottoscrizioni e le proteste poi proseguono, anche sotto la guida spirituale della rampante e dinamica Libertà e Giustizia di Gustavo Zagrebelsky e Sandra Bonsanti. E sono proprio loro, il 5 febbraio 2011, a chiedere le dimissioni di Berlusconi, invitando gli indignados italiani a manifestare con i classici intellettuali al seguito.

 

Nove anni son passati dall’adunata di Micromega e l’ambiente è sempre quello: Umberto Eco, Paul Ginsborg, Gad Lerner, Moni Ovadia, Lorenza Carlassare, Concita Di Gregorio, le sorelle Bice e Carla Biagi (forse per motivi “genealogici”), Beppe Giulietti…e pure sindacalisti come Susanna Camusso e Maurizio Landini. Non il massimo della fantasia, in definitiva, e d’altronde – in modo paradossale e quasi metaforico – la manifestazione viene tenuta proprio al Palasharp di Milano.

 

Gli intellettuali, pur essendo sempre gli stessi, non si fermano. Nel marzo 2012 viene lanciato il “Manifesto per un soggetto politico nuovo” firmato, tra gli altri, dal sempreverde Paul Ginsborg e da Stefano Rodotà. Poi il soggetto politico prende il nome di Alba e nel dicembre 2012 tutte le varie anime intellettuali si riuniscono sotto l’appello “Cambiare si può”. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris fa da battistrada e ad unirsi a lui sono, ancora una volta, Ginsborg, d’Arcais e Ovadia, con l’aggiunta di Citto Maselli, Gildo Claps e i vari antagonisti No Tav, No global, No Dal Molin. Ad ascoltare de Magistris c’è anche l’ex pm Antonio Ingroia, che però poi – chiusa la brevissima esperienza in Guatemala – decide di mollare tutto e di creare un gruppo tutto suo dal nome “Azione civile”.

 

Si forma così la coalizione Rivoluzione Civile, alla quale aderiscono de Magistris e i ferri vecchi di partito (Idv, Verdi, Comunisti, Rifondazione), ma gli intellettuali questa volta si smarcano accusando Ingroia di non aver concesso loro il dovuto spazio. Dopo l’uscita da Rivoluzione Civile, e a maggior ragione dopo il suo flop alle elezioni, i pensatori di sinistra si ritrovano senza una casa.

 

Viene naturale quindi, dopo qualche mese, puntare sul nuovo cavallo di razza, Stefano Rodotà, all’apice della popolarità dopo essere stato candidato alla presidenza della Repubblica dal Movimento 5 Stelle. Ad accompagnarlo dunque, tra poco più di due settimane, nella sua battaglia in difesa della Costituzione ("la più bella del mondo", sic!) sarà il solito agglomerato intellettual-partitico che dopo il riepilogo qui proposto non dovrebbe neanche più sorprendere: il blocco Libertà e Giustizia, Landini e i sindacati, Ingroia e i comunisti, d’Arcais, Travaglio, Ovadia, Fo…

 

L’obiettivo della manifestazione del 12 ottobre è quello di rimettere al centro del dibattito politico la Carta costituzionale, con un occhio particolare alla discussa riforma dell’art. 138. Rodotà dice di voler restare con i piedi per terra, e di voler osservare il grado di partecipazione alla mobilitazione prima di stabilire se e con quali modalità proseguire l’attività politica, magari con sbocchi elettorali.

 

L’unica certezza, l’ex candidato alla presidenza della Repubblica, l’ha dedicata ai referendum radicali: “Sì ai referendum, anche se aiutano Berlusconi”. Peccato, però, che il sostegno di Rodotà sia giunto il 24 settembre, quando cioè la raccolta firme dei radicali era già praticamente terminata.

 

Emerge, di fronte a tutto questo, un dato di fatto molto chiaro. Vale a dire che le ragioni alla base del soffocante ritardo politico-culturale del centrosinistra italiano e della gravosa questione liberale – lungamente trattata su Quaderni Radicali e Agenzia Radicale – non possono certamente essere individuate solo ed esclusivamente nei cambiamenti di natura partitica e parlamentare che interessano la presunta ala progressista del Paese, ma occorre piuttosto prendere atto dei limiti parimenti evidenti che sono rintracciabili nelle iniziative e nei movimenti dettati ed adottati dalle sue autorità intellettuali, morali e culturali.

 

Da quell’area, cioè, “extra-parlamentare” che si è soliti definire “società civile”. Che tanto virtuosa poi, alla fine, non sembra.


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