Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

16/11/24 ore

Scalfari vs Flores, la "guerra civile" al Gruppo Editoriale l'Espresso-Repubblica


  • Ermes Antonucci

E’ scontro aperto ormai all’interno del Gruppo Editoriale l'Espresso tra due opposte correnti di pensiero attorno alla vicenda della trattativa Stato-mafia e le intercettazioni che riguardano il presidente Napolitano. La fazione di Repubblica, guidata dal fondatore Eugenio Scalfari, che poggia su un fermo ed inamovibile garantismo d’occasione, non sembra più in grado di poter convivere con lo schieramento di MicroMega (che potrebbe definirsi Micromega-Fatto) ormai lanciato verso un attacco frontale contro il Quirinale, con forti tratti giustizialisti.

 

 

Al mostro sacro del giornalismo italiano non sono mai andate giù le insinuazioni e le perplessità presentate dal Fatto e da Di Pietro (ovviamente, essendo il primo divenuto l’agenda politica del secondo) e rivolte al Capo dello Stato, tant’è tali attacchi vennero definiti “irresponsabili” dallo stesso Scalfari, che precisò: “Sul caso Mancino, Napolitano ha fatto nient’altro che esercitare i suoi poteri e doveri”. Il culmine si raggiunse il 5 luglio scorso, con la famosa (e lunghissima) intervista di Scalfari a Napolitano, una sviolinata romanzata in cui il presidente della Repubblica trovò spazio per affermare la propria correttezza sul caso in questione.

 

Ma l’ardita manovra del Fatto quotidiano, da sempre impegnato nella coltivazione del dubbio, in una cornice di manette e faldoni giudiziari, è continuata senza sosta, e piano piano ha iniziato a vedere la partecipazione di firme “repubblichine” o comunque interne alla sfera debenedettiana. Da Attilio Bolzoni e Salvo Palazzolo, che il 20 giugno su Repubblica pubblicavano alcuni stralci di intercettazioni dai quali emergevano “i ripetuti contatti tra l’ex ministro dell’Interno e il consigliere giuridico del Quirinale”, per finire a Franco Cordero e Barbara Spinelli. Ma soprattutto a Paolo Flores d’Arcais, direttore di MicroMega, edita dal Gruppo Espresso.

 

Un Paolo Flores d’Arcais che sul suo blog sul Fatto ha iniziato a scrivere una serie di post scettici: “Nient’altro che la verità”, “Il Colle intoccabile”, “Chi indebolisce le istituzioni?”. Ma la crisi definitiva si è consumata proprio con l’ultimo numero di MicroMega, dedicato al caso Napolitano-Mancino, il cui sommario prevedeva: un dialogo tra d’Arcais e Spinelli intitolato retoricamente “Arcana imperii o Palazzo di Vetro?”, un intervento di Marco Travaglio basato sull’idea che “il comportamento del capo dello Stato non pare proprio in linea con le sue prerogative e con i principi elementari della democrazia”, un capitolo dal titolo “Lesa maestà (Florilegio bipartisan dei paladini del Colle)” che consisteva in una rassegna di dichiarazioni in difesa di Napolitano (nella quale Scalfari finisce in una lista assieme a Bersani, Casini, Vendola, Renato Schifani, Giuliano Ferrara, Paolo Cirino Pomicino), e infine l’articolo “La trattativa con la mafia che vogliono nascondervi” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Non male.

 

Tuttavia, proprio quella citazione inserita nella massa indistinta dei difensori di Napolitano non è piaciuta a Scalfari, che su Repubblica si è scagliato contro la rivista: “Nell’ultimo fascicolo della rivista Micromega viene pubblicato un ampio dibattito sulla indagine della Procura di Palermo relativa alle eventuali trattative tra lo Stato e la mafia.

 

Nell’ambito di questo dibattito la direzione di quella rivista ha anche pubblicato un breve brano tratto da un mio scritto, che non ha nulla a che vedere con quel dibattito e la cui pubblicazione non mi è stata né richiesta né tanto meno da me autorizzata. Diffido pertanto la direzione di Micromega di utilizzare miei scritti senza avermene preventivamente chiesto il permesso; permesso che – lo dico fin d’ora – non sarà mai comunque concesso”. MicroMega, in risposta, si è limitata a ricordare “di aver utilizzato più volte citazioni, anche molto più lunghe, di numerosi autori, in conformità alle vigenti leggi sul diritto d`autore e alla convenzione di Berna, confortata infine anche da un parere legale dello studio 'Ripa di Meana e associati', chiesto nel 2008 dal Gruppo Espresso a nome di MicroMega, testata del Gruppo; alle disposizioni vigenti MicroMega continuerà a conformarsi anche in futuro”. Un secco botta e risposta che lascia pochi dubbi circa la confusione che attanaglia l’ambiente del partito di Repubblica.

 

Un ottimo riassunto è stato dato da Martino Cervo su Libero: “Chi (Repubblica) ha pasteggiato su verbali e registrazioni diventa alfiere del garantismo, e chi (il Fatto) ha salutato nella Corte costituzionale il baluardo contro l’erosione democratica del berlusconismo trasforma lo stesso organo nella congrega degli “amici di Napolitano”, e così via. Uno scannatoio, scatenato da un giustizialismo forse immaginato controllabile, che in pratica sta facendo un allegro, drammatico, micidiale casino”.


Aggiungi commento