Si è chiusa due giorni fa la finestra aperta dal Movimento 5 Stelle per la presentazione delle candidature per le prossime elezioni comunali di Roma. L’unica cosa che si sa, per ora, è che dalle urne, come comunicato dal deputato Alessandro Di Battista, “sono usciti i nomi di tanti attivisti, degli attuali 4 consiglieri del Movimento e anche di tanti sconosciuti”.
Ma il processo di selezione non si ferma qui: adesso, ricorda fieramente il pasdaran grillino, “i nomi dovranno passare al vaglio dei garanti, per la certificazione necessaria alla presentazione delle liste e alla scrematura delle teste di serie per i capolista candidati a sindaco”.
Chi siano questi “garanti”, però, non è dato sapersi. Certo, la mente va subito alla coppia Grillo-Casaleggio, ma da un movimento che aspira a “riprendersi Roma in modo pulito, onesto e trasparente” qualche ingenuo avrebbe potuto anche aspettarsi maggiore chiarezza. La lettera di sospensione pervenuta poche ore fa ai tre consiglieri pentastellati dissidenti di Livorno, tanto per capirci, è stata firmata dall’ancor più misterioso “staff di Beppe Grillo”: sperare di capirci qualcosa, in mezzo a questi garanti, staff e direttori, è cosa vana.
La procedura di selezione per la corsa al Campidoglio dunque, oltre ad essere oscura, richiederà del tempo. L’obiettivo è quello di annunciare le candidature, e in particolare quella a sindaco, subito dopo l’Epifania. Nel frattempo, proclama sempre il ‘Dibba’, “partirà la costruzione on-line del programma M5S per la Capitale”, nella convinzione – irremovibile nonostante i continui fallimenti ottenuti negli ultimi anni – che il compito dell’eletto sia solo quello di attuare un programma di governo alla cui elaborazione, probabilmente, non avràcontribuito neanche in minima parte. Politici ammanettati, insomma, ma sempre in nome della libertà.
Una concezione strana del principio di rappresentanza, che peraltro implica anche l’idea che un programma elettorale possa essere messo in pratica così com’è, in toto, in maniera fredda e rigida. Se però c’è una lezione che i grillini più navigati avrebbero ormai dovuto trarre dalla manifestazione della propria assoluta irrilevanza sul piano legislativo e decisionale, è che la politica – a dispetto del celodurismo - richiede dialogo, compromesso, mutazione.
La filosofia dei pentastellati, invece, non cambia, tanto da tingersi a volte di ridicolo. E’ sempre Di Battista a sbandierare, anche qui con grande orgoglio, che “si sono candidate come M5S persone che io neanche conosco”. Ma affidereste mai il governo di casa vostra a dei perfetti sconosciuti, pur stabilendo voi stessi le regole? Sì? Non ci crediamo.
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