A Valerio Zanone – di recente scomparso - Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, vogliono rendere omaggio per la limpidezza dei comportamenti, il disinteresse, il tentativo estremo di far vivere i valori della tradizione politica del Partito liberale nell’ambito del centro sinistra e del riformismo, valori che si ritenevano in linea di massima ormai assimilati nel complesso della vita politica nazionale.
E in questo ambito vogliamo riconoscerlo come l’ultimo dei liberali “storici”, le generazioni che hanno vissuto e operato nell’Italia post-risorgimentale, il cui percorso fu interrrotto dall’avvento del fascismo, e ricostituitesi sulla scena politica dopo la fine del ventennio.
Avevano ereditato una nazione fragile, con problemi enormi a cominciare da quello del Mezzogiorno, che non si può dire ancora sia stato risolto, e per finire a quello dell’essersi trovati nel bel mezzo dei conflitti europei un po’ come un vaso di coccio tra vasi di ferro. Ed era stata una classe politica che aveva offerto un’arco di posizioni non univoche, sol che si pensi alle distanze tra un Giolitti, nume dell’ ”Italietta”, e che aveva giudicato “parecchio” l’offerta austriaca di Trento e Trieste perché il nostro paese si tenesse fuori dal conflitto e l’interventismo di Luigi Albertini e del suo Corriere della Sera, che tanta parte ebbe nella nostra entrata nella prima guerra mondiale o tra la politica colonialista e le tendenze autoritarie di Crispi e la convinzione democratica di Zanardelli, o il confronto culturale tra Benedetto Croce e Luigi Einaudi su liberalismo e liberismo o l’attenzione di Piero Gobetti verso le nuove classi e per un liberalismo di stampo non conservatore.
Un liberalismo del quale nel secondo dopoguerra fu erede lo sforzo estremo del “Mondo” di Mario Pannunzio per avviare il liberalismo italiano in un quadro avanzato di democrazia nazionale e di apertura europea; ne nacque l’uscita dal PLI nel 1955 e la fondazione del Partito radicale. Valerio Zanone si allontanò dal Partito liberale solo con la crisi in cui esso precipitò con le vicende di Altissimo, ripresentandosi poi sulla scena politica attiva con il bagaglio dei valori liberali nei suoi contatti con l’Ulivo e la Margherita, ultimi tentativi della vecchia classe politica nazionale di dar vita a un’ipotesi riformista.
Il Partito radicale entrò in una crisi profonda per dissensi interni nel 1962 e vide l’abbandono del vecchio ceto dirigente, continuando ad esistere per l’impegno dei giovani di “Sinistra radicale” che, in primo luogo con Marco Pannella, impresse una fisionomia nuova al partito in una interpretazione approfondita e rinnovata dei valori del liberalismo con le battaglie per i diritti civili, la nonviolenza e la contrapposizione al “regime” dei partiti, dei sei partiti che si erano autoproclamati “arco costituzionale”, in competizione certo tra di loro, ma convergenti in una interpretazione proprio “illiberale” nella gestione spartitoria della cosa pubblica, dominata dal “manuale Cencelli” e della vita parlamentare, con il predominio dei partiti sulle istituzioni e in netta violazione del disposto dell’art. 67 della costituzione, per il quale gli eletti esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato e anche dell’art. 49, per il quale i cittadini hanno il diritto di associarsi “liberamente” in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la polititica nazionale.
Con la speranza nell’unità della sinistra e nell’alternativa di una sinistra liberata dai vincoli delle ideologie e dai limiti del riformismo proprio con la forza dei valori liberali, più che mai vivi e dirompenti anche nella vita politica della seconda metà del secolo ventesimo e oltre.
Con Valerio Zanone è rimasto un dialogo a distanza, nella premessa comune che le sorti del liberalismo si giocavano a sinistra. Oggi al nostro addio si unisce il rimpianto per una politico di valore rimasto ai margini della vita politica nazionale. (red)
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