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19/04/24 ore

Gli ordini professionali vanno aboliti, nota per il senatore Renzo Piano



di  Gerardo Mazziotti

 

Caro senatore Renzo Piano, penso che anche lei trovi inammissibile che in un paese antifascista, che ha soppresse le leggi razionali del ’38, “leggi vergogna”, sia ancora vigente una legge secondo la quale “ possono esercitare la professione solo gi iscritti all’albo(…) non possono essere iscritti e,se iscritti, devono essere cancellati coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica”. Sarebbe ora di riscriverla introducendo l’art 56 del RD 2537 del 23 ottobre 1925 “ Le perizie e gli incarichi possono essere affidati anche ai non iscritti all’albo”. Luigi Einaudi diceva “ Gli Ordini possono anche rimanere per quelli che intendono iscriversi,  l’importante è che venga eliminata la obbligatorietà della iscrizione ai fini dell’esercizio professionale”. Le saremmo grati se, condividendo le nostre tesi, se ne occupasse. Un grazie e un caro saluto.

 

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APPENDICE

 

Gli ordini professionali italiani sono incostituzionali.

 

(su Agenzia Radicale  del 18 luglio 2011)

 

Non sapevo che nel Parlamento italiano ci fossero 87 deputati e 47 senatori iscritti agli Albi degli avvocati. Sapevo però che gli avvocati, i notai, gli architetti, gli ingegneri, i medici, i giornalisti, i farmacisti e gli altri professionisti che siedono nei dorati scranni di Montecitorio e di palazzo Madama possono svolgere contemporaneamente la loro professione ( non avviene in nessun altro paese al mondo). E quando, finalmente, lasciano il Parlamento hanno diritto a un sostanzioso assegno di fine mandato ( alcune centinaia di migliaia di euro) per  “ il  loro inserimento nella vita sociale”.

 

Roba da arrossire dalla vergogna. E da vergognarsi è ciò che è accaduto il 13 luglio scorso.

 

I 134 parlamentari-avvocati si sono opposti all’ emendamento 39bis della manovra Tremonti sulla liberalizzazione delle professioni che prevedeva l’abolizione  degli Ordini professionali.

 

 

E mentre tutta l’Europa, i mercati internazionali, le Agenzie di rating, il Quirinale, palazzo Chigi  e l’intero Parlamento senza distinzioni di schieramento chiedevano all’unisono una prova di serietà nazionale con l’approvazione rapida della manovra finanziaria ( è avvenuta venerdì 14 luglio) , questi avvocati-parlamentari hanno minacciato di votare contro e di far cadere il governo se non si fosse provveduto a cancellare l’emendamento. E ci sono riusciti. Con disappunto della maggioranza dei parlamentari. E anche di quanti, come me, si battono da decenni per l’abolizione degli Ordini professionali. Ma non dell’esame di Stato previsto dalla Costituzione.

 

Occorre chiarire una volta per sempre che si tratta di organismi ai quali sono costretti a iscriversi, dopo il superamento dell’esame di Stato, professionisti di diverso orientamento politico, ideologico, religioso, sessuale, etico, morale ed estetico e che, perciò, non hanno nulla in comune se non il fatto di esercitare la stessa professione. Una condizione che non giustifica minimamente la creazione degli Ordini e la obbligatorietà della iscrizione gli Albi ai fini dell’esercizio professionale.

 

Luigi Cosenza scrisse che non poteva stare nello stesso Ordine degli ingegneri che si prostituivano con Ottieri nel sacco di Napoli. E che Antonio Cederna definiva “ i porno architetti”.

 

Gli Ordini professionali europei e americani si basano su precise norme di deontologia professionale e hanno una funzione meramente etica e non sindacale come quelli italiani.

 

Certi politici deficienti e in cerca di pubblicità sostengono “ la necessità degli Ordini perchè garantiscono la qualità delle prestazioni professionali”. Una sciocchezza sesquipedale. Faccio l’architetto da sessant’ anni e non ho mai dovuto sottoporre i miei progetti al Consiglio dell’Ordine. Peraltro “incompetente” per legge ad esprimere giudizi di qualità.

 

Come tutti i  professionisti devo rispondere solo ai miei clienti. I soli  legittimati a giudicare l’operato dei professionisti.

 

E’ il caso di ricordare che gli Ordini professionali devono la loro esistenza alla legge fascista n.897 del 25 aprile 1938 che modificò la legge istitutiva del 24 giugno 1923 n. 1395, che garantiva l’esercizio professionale anche ai non iscritti agli Albi,e introdusse la norma secondo cui  “Possono esercitare la professione solo gli iscritti agli Albi; non possono essere iscritti  e,se iscritti, devono essere cancellati coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica e che non svolgano attività contrarie agli interessi della Nazione”. Una legge emanata nel clima delle leggi razziali di quegli anni e, perciò, volta a impedire l’esercizio professionale agli ebrei, agli antifascisti, e, vista l’omofobia del fascismo, anche agli omosessuali. Una legge-vergogna che il Parlamento repubblicano non è stato capace di abrogare. Non ostante le sollecitazioni di Luigi Einaudi, Indro Montanelli, Bruno Zevi, Ugo La Malfa, Marco Pannella, Angelo Panebianco, Pietro Ichino, Antonio Martino e tantissimi altri.

 

Luigi Einaudi diceva “Gli Ordini possono anche rimanere per quelli che intendono iscriversi,  l’importante è che venga eliminata la obbligatorietà della iscrizione ai fini dell’esercizio professionale”. Grazie a loro è opinione largamente condivisa  che  i professionisti devono potersi associare liberamente sulla base di affinità elettive ai sensi dell’ art.18 della Costituzione che sancisce “il diritto di tutti i cittadini di associarsi liberamente, senza autorizzazioni, per fini che non siano vietati ai singoli dalla legge”.

 

Geppy Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, ex segretario nazionale ed ex deputato del Partito Radicale, ha scritto “Eppure, senza volere ridurre la qualità delle sue significative riflessioni su questi temi, se c’è una cosa che ci intriga e ci stimola negli scritti di Gerardo è la sua battaglia contro gli Ordini professionali, spinta fino alla provocazione della proposta di auto-scioglimento formulata proprio in una riunione del Consiglio Nazionale degli Architetti in cui era stato eletto nel 1970, fino, naturalmente, alla sua uscita dal Consiglio.

 

Sostiene Gerardo che quello di garantire alla collettività il controllo sulla qualità delle prestazioni professionali è una funzione a dir poco parossistica che, oltre alla materiale impossibilità di esercitarla (ed essendo stato per alcuni anni nel Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Napoli sa quel che dice) non si capisce perché non venga estesa ai tramvieri, ai giardinieri o come, rifacendosi a una riflessione di Alessandro Penati , perché opporsi a un Ordine degli idraulici e dei meccanici dato che caldaie a gas e freni mal riparati sono vere e proprie bombe innestate.

 

La libertà associativa deve essere piena, ma su base volontaria,senza obblighi e riconoscimenti di leggi. Gerardo ripercorre tutte le tappe che dagli anni Settanta ha intrapreso per superare questo sistema arcaico di subalternità, ma non manca di rendere esplicito anche il contenuto ipocrita che è alla base di chi sostiene la necessità del mantenimento degli Ordini. Fu proprio lui, sul numero 64.65.66 del 1999 di Quaderni Radicali a spiegare, con un documentato excursus storico, come proprio il regime fascista creò gli Ordini per controllare il dissenso, e con la legge 897 del 1938 impedì agli avversari politici e agli ebrei di esercitare qualsiasi professione.

 

Una legge razziale che, non ostante le battaglie di Gerardo e di altre personalità della politica e della cultura, è ancora vigente. Una vergogna. Bravo,quindi, Gerardo che, nel reclamare il rispetto dell’art. 18 della nostra Costituzione repubblicana e antifascista, rinnova questa  sua e nostra battaglia”.

 

Io penso che per garantire alla collettività di essere legittimati ad esercitare la professione basterà depositare presso la segreteria del comune di residenza copie notarili  del diploma di laurea e del certificato di abilitazione.  In alternativa agli Ordini penso a libere associazioni come il prestigioso RIBA (royal institute of britisch architects) nel quale si entra su domanda. Che può anche non venire accolta.

 

Gerardo Mazziotti, libero architetto

 

 


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