Silvio Pergameno inizia con questo primo intervento una serie di riflessioni sul referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari. Lo farà ripercorrendo gli articoli che sono sul n.117 di Quaderni Radicali dedicato al tema (Meno parlamentari, meno democrazia) e allargando poi l’analisi su tutti gli altri aspetti che sono presenti, ma non esplicitati, in questa consultazione su una legge dal sapore demagogico e scoordinata rispetto ai veri punti da riformare del nostro sistema istituzionale e costituzionale. Agenzia Radicale, con commenti, interviste, conversazioni in audiovideo e dibattiti, svilupperà una forte iniziativa di informazione per fronteggiare lo scandaloso carattere disinformativo che i media hanno tenuto e tengono su questa scadenza determinante per la democrazia.
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Il prossimo 20 settembre, insieme con il rinnovo di alcuni Consigli regionali, siamo chiamati a votare anche per ilreferendum costituzionale sulla legge con la quale il numero dei deputati é stato ridotto da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200, una legge alla quale il “Movimento 5 Stelle” teneva molto, proprio in relazione a un tratto fondamentale della concezione che questa formazione politica ha della democrazia: democrazia diretta e non democrazia rappresentativa. Chi approva questo taglio voterà “Sí”. Chi é contrario voterà “No”. Occorre infatti riflettere sul fatto che il referendum costituzionale chiede la conferma di una legge, mentre quello abrogativo ne chiede l’eliminazione (di tutta o di una sua parte).
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Occorre fare molta attenzione, perché si tratta di un momento politico di grande importanza. “Quaderni Radicali” ha pubblicato l’ultimo numero (n. 117) a questo vero e proprio attentato al nostro sistema istituzionale, raccogliendo contributi sostanziosi e questa Agenzia, sulla quale é già apparso alcuni ottimi interventi di Luigi O. Rintallo (20 giugno - 28 giugno), sarà presente ogni settimana fino alla data della consultazione per chiarire ogni aspetto della questione.
Come mai questa legge?
Si tratta di una legge di grande rilievo della storia istituzionale del nostro paese nel secondo dopoguerra. In effetti sin dagli anni settanta il nostro “partito radicale” di allora (che scrivevamo, provocatoriamente, con la lettera minuscola) aveva qualificato come “consociativo e spartitorio” il sistema politico della prima Repubblica, perché di fatto conservava – attraverso le leggi elettorali e quelle sul finanziamento dei partiti - il potere politico all’arco dei partiti che si riconoscevano nella tradizione antifascista, la cosiddetta esarchia, promossa ad “arco costituzionale”, quasi come se gli altri partiti e movimenti fossero fuori dalla costituzione, almeno nel linguaggio dei politici e dei giornalisti.
E c’é una parola terribilmente significativa nel linguaggio comune: i gruppi parlamentari in cui confluiscono gli eletti sono assai spesso chiamati “delegazioni” di questo o di quel partito, laddove é vero semmai l’inverso, proprio ai sensi dell’art.49 della costituzione, che riconosce il diritto dei cittadini ad associarsi in partiti per concorrere alla vita politica… Ovviamente non si sa chi si sia inventata la parola delegazioni, ma essa é la prova provata di quello che chiamiamo partitismo …
Ma già da una trentina d’anni, da quando cioè ormai la generazione che aveva vissuto il fascismo é andata piano piano scomparendo per ragioni anagrafiche, il riferimento al fascismo per chi non lo aveva vissuto é divenuto un riferimento storico e non più strettamente politico (diciamo pure, semplificando, per una scelta al momento del voto) e questo é il senso profondo dell’arrivo di Berlusconi (e questo a prescindere da giudizio sulla sua azione politica): é venuto fuori un partito nuovo che ha preso un sacco di voti e parlava solo dell’attualità nei termini piùsemplici e immediati, senza più evocare quell’antifascismo che era stato vivo nel mondo dei partiti, tutti legati nelle origini all’era prefascista, un antifascismo di maniera anche largamente sentito in larga parte del paese. E non per puro caso…
Poi sono arrivati la “Lega Nord” e il “Movimento 5Stelle”, mentre della tradizione politica della prima Repubblica resisteva (nel PD) quanto restava del postcomunismo e della sinistra cattolica. Era però mancato un duro esame di coscienza, lasciandoci esposti a rischi non indifferenti proprio sul terreno della democrazia, come la riduzione del numero dei parlamentari comprova. Basti ricordare il successo di opinione dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, compensato però dal populismo della gran massa degli elettori cattolici che votavano DC e che la DC trasferiva nel Patto Atlantico e nei fondi del Piano Marshall.
E con una riflessione sul fatto che per la validità del referendum abrogativo occorre che abbia votato la metà più uno degli elettori, questa cautela non é prevista per il referendum costituzionale. E questo serve a spiegare la cautela dei “5Stelle” nella promozione dell’iniziativa.
Che comunque sembra legata a una necessità di rilancio, conseguente alla forte perdita di consensi del Movimento, registrata dai sondaggi (come del resto accade con tutti i movimenti che fondano il loro successo sugli umori imprevedibili, facili da sedurre e altrettanto facili da scontentare).
Le specifiche ragioni del “No” (del “No” a una legge infausta che la presentazione del referendum blocca prima della pubblicazione e quindi dell’effettiva entrata in vigore) saranno svolte nelle prossime puntate.
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