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22/11/24 ore

Riduzione parlamentari. Conte interviene sul referendum annullando ogni corretta neutralità del Governo


  • Luigi O. Rintallo

Non pago di aver distribuito patenti e titoli a Mario Draghi e Sergio Mattarella, escludendo il primo dal novero dei suoi rivali e auspicando per il secondo il rinnovo del mandato al Quirinale, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intervistato alla festa del «Fatto quotidiano» edito dalla SEIF la cui consigliera d’amministrazione Lucia Calvosa è stata appena nominata alla presidenza ENI è intervenuto anche sul prossimo referendum costituzionale. Nelle poche frasi dedicate all’argomento, premurosamente assecondato da Padellaro e Gomez, ha allineato una serie di considerazioni che meritano di essere vagliate.

 

Ha esordito ricordando che il taglio dei parlamentari “è una riforma costituzionale votata dalla stragrande maggioranza parlamentare”, ben sapendo che così non è perché in ben tre delle quattro votazioni richieste non c’è stata la maggioranza dei due terzi. Proprio per questo è stato richiesto il referendum, che dà la possibilità di abrogare la legge approvata così com’è già avvenuto nel 2006 e nel 2016. Tentare di delegittimare l’espressione contraria, con la considerazione della vasta approvazione da parte delle Camere, non può definirsi corretto né dal punto di vista informativo, né – soprattutto – da quello istituzionale. 

 

Avventurandosi poi nel territorio delle procedure parlamentari, evidentemente per lui poco abituale rispetto a quello degli espedienti giuridico-formali, asserisce che la riduzione non pregiudica la funzionalità del Parlamento.

 

Dà a intendere che per premere i pulsanti del voto in aula non cambia poi molto con la riduzione, non considerando che il Parlamento svolge oltre che una funzione legislativa anche una di controllo, attraverso le commissioni e la vigilanza sull’operato dell’esecutivo. Operazioni che anche sul piano meramente tecnico-procedurale sono di fatto compromesse dal taglio lineare operato dalla legge.

 

Il Presidente del Consiglio ha infine dichiarato di votare Sì, schierando così governo e maggioranza che lo sostiene e venendo meno a una più che opportuna neutralità. Un atto che va oltre i confini del ruolo istituzionale ricoperto e che, fra l’altro, interviene nel pieno di una campagna che è stata contraddistinta da un quanto mai esasperato sbilanciamento mediatico, che ha impedito un esame spassionato sul merito e sulle conseguenze della legge approvata il 12 ottobre 2019.

 

Con il prossimo referendum non si tratta affatto di ridurre le spese improduttive di una politica delegittimata, né di rendere più snelle le procedure dei lavori legislativi. La riduzione dei parlamentari ha come scopo prevalente la volontà di soprassedere dalla sovranità popolare, cedendo sempre più spazio di manovra ai soggetti fuori controllo e autoreferenziali.

 

Gli stessi che abbiamo visto all’opera durante lo stato d’emergenza, sul quale tuttora Conte fa affidamento per rinsaldare una compagine governativa sempre meno coesa e allora, da questo punto di vista, non desta meraviglia il suo “tempestivo” pronunciamento.

 

 


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