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06/05/24 ore

Giustizia: sui referendum spezzoni di sabotaggio televisivo. Anche la Meloni si presta?


  • Luigi O. Rintallo

L’attitudine dell’informazione italiana a “formare” più che ad “informare” è dura da sradicare. Lo si riscontra con tutta evidenza soprattutto da parte del servizio radiotelevisivo pubblico, con la RAI costantemente allineata alle mutevoli correnti degli indirizzi politici. Il cambio delle direzioni coincide così con il cambio degli indirizzi, come ben si è visto con il TG1 ora affidato a Monica Maggioni. A non cambiare è invece la formula del “pastone” politico, dove si confeziona appunto lo “sformato” sulle posizioni dei partiti così da modellare l’opinione dei cittadini sulle questioni del momento.

 

Modalità che preoccupano non poco, specialmente in vista del prossimo confronto sui temi referendari della giustizia. Ecco come il pastone del TG1 delle 13:30 del 9 febbraio ha presentato le posizioni di un partito come Fratelli d’Italia, che pure ha aderito alla raccolta di firme per quattro dei sei referendum promossi dai radicali sulla giustizia giusta. Dall’inviato Mausano il telespettatore è “informato” che: “sui referendum, Fratelli d’Italia giudica incomprensibile che non si trovi una soluzione in Parlamento che farebbe risparmiare milioni al Paese”.

 

Come giudicare tale asserzione? Evidentemente, l’accostamento demagogico al costo dei referendum è funzionale a sabotare la partecipazione e il confronto democratico. I più smaliziati possono leggervi l’ennesimo episodio della diatriba interna al Centrodestra fra la Lega di Salvini e il partito di Giorgia Meloni.

 

La dichiarazione attribuita genericamente a Fratelli d’Italia rivela anche una prospettiva già delineatasi nel mainstream informativo, volta a dar sempre maggiore rilevanza alla leadership di Giorgia Meloni.

 

Un’operazione che rammenta quanto già avvenuto col Movimento 5 Stelle dieci anni fa e che risponde all’esigenza di dirottare ogni potenziale scontento in un contenitore politico di fatto inidoneo a creare problemi agli assetti di potere. Il fatto che Fratelli d’Italia non colga la drammatica rilevanza dei referendum sulla giustizia, che costituiscono davvero un discrimine per il futuro della nostra democrazia, dimostrerebbe in qualche modo che esso asseconda tale operazione.

 

Una insensibilità che contraddice fra l’altro l’enfasi spesso data da questo partito alla sovranità popolare: ora che il popolo ha l’occasione di esprimersi su una questione decisiva, quale la salvaguardia dello Stato di diritto e la credibilità del ruolo super partes della magistratura, ci si preoccupa del costo dei referendum?

 

Li si liquida quasi fossero inutili “ludi cartacei”? Fosse vero, significherebbe che Fratelli d’Italia non si discosta dall’eredità dei lanciatori di monetine di fronte all’hotel Raphael, che il 30 aprile 1993 furono anche allora utili strumenti a sostegno del processo restaurativo con il quale tuttora deve fare i conti il Paese. 

 

 


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