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20/06/25 ore

Sembrano assai dubbi i vantaggi dei referendum sul lavoro


  • Luigi O. Rintallo

Quasi a smentire l’accusa di essere espressione di un progressismo di maniera da ZTL, preoccupata più di distribuire gratis l’eparina ai minorenni desiderosi di cambiare sesso che non dei lavoratori, la Cgil di Landini presenta la campagna sui prossimi referendum come la dimostrazione del suo impegno in favore dei temi sociali, nel solco della tradizionale difesa dei diritti sindacali.

 

Tuttavia, sia se guardiamo al merito degli argomenti oggetto dei quesiti referendari e sia se consideriamo l’uso che se ne è fatto in termini di lotta interna al maggior partito dell’opposizione, non si può fare a meno di notare quanto questa scelta presenti i caratteri di una forzatura dai connotati restaurativi e, ancora una volta, lontani dalle domande e dai bisogni presenti nella società italiana.

 

Questi ultimi si riconoscono essenzialmente nella necessità di liberarsi dalla serie di pastoie che frenano le possibilità di sviluppo: dalla giustizia faziosa e lenta a una istruzione non più ingessata nei luoghi comuni, così da recuperare la coerenza con le richieste provenienti dalla società.

 

I referendum sul lavoro si distinguono per essere ispirati alla logica del “non puoi e devi”  anziché muovere nel senso di una società libera, dove prevalga invece quella del “se vuoi, puoi”. Cosa ci si può aspettare di ottenere da una simile impostazione, che si volge indietro agli anni ’70 del secolo scorso? Soltanto un ampliamento delle sacche di scontento – sia nel mondo imprenditoriale che tra i lavoratori – spingendo artatamente a rifugiarsi nel lavoro nero.

 

Eliminare l’opzione del risarcimento e obbligare al reintegro in caso di licenziamento non servirà certo a ridurre la conflittualità interna al mondo del lavoro, così come abolire il tetto al risarcimento per le piccole imprese le esporrà al rischio del fallimento definitivo in caso di perdita in sede di contenzioso in tribunale. Senza contare il fatto che, affidando in via esclusiva alla magistratura l’intervento, significa creare le premesse per un allargamento di quel pan-penalismo all’origine di tanti guasti nella convivenza civile.

 

Altrettanto dubbi sono i vantaggi di far ricadere ogni responsabilità al solo appaltante, perché potrebbe persino ottenere l’effetto contrario a quello sperato in quanto è difficile credere che questa ipotetica “responsabilità solidale” aumenti il controllo sulle irregolarità nelle condizioni in cui i lavori sono effettuati.

 

Sul piano politico, è quanto mai scoraggiante che questi referendum siano stati vissuti dai promotori come un segno di rivalsa contro la passata gestione renziana del Partito Democratico. Significa, infatti, che lo strumento referendario ancora una volta è stato usato come occasione di mobilitazione eterodiretta e nell’unico interesse della resa dei conti interna a una parte politica.

 

Di certo non è il modo migliore per rivitalizzare un mezzo che in teoria dovrebbe esaltare la sovranità popolare, ma che in pratica è stato ampiamente sabotato da partiti che, oggi ancor più di ieri, dimostrano quanto distanti siano dai dati di realtà.

 

 


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