Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/04/24 ore

60mila morti dopo, Assad il torturatore è ancora lì



di Valentina Saini

 

In Siria, secondo l’Onu, i morti sono almeno 60mila. Assad è una promessa tramutata in un macellaio. In dodici anni ha spazzato via ogni speranza di riforma. Il vero erede del padre era suo fratello. Ce n’è poi anche un terzo, ma era troppo crudele perfino in un Paese dove si usano più di 30 metodi di tortura.

 

Il timido giovane dottore al timone della Siria. Così un articolo del New York Times del 14 giugno 2000 descriveva il neo presidente siriano Bashar Al Assad: il nuovo padrone del Paese dopo la morte del padre Hafez, il “Leone di Damasco” spentosi solo quattro giorni prima.

 

Bashar, che, dodici anni dopo, un editoriale – sempre del Nyt – avrebbe invece definito “il macellaio”, veniva allora presentato come un oculista “dalla voce calma”, “uno scapolo allampanato entusiasta per i computer.” Ma un decennio come rais della Repubblica araba siriana sarebbe bastato a rivelare il suo vero volto. Quello di un dittatore brutale, pronto a stroncare senza pietà le proteste del suo stesso popolo, in un crescendo di violenza che dalla primavera del 2011 a oggi ha tolto la vita a oltre 60mila persone secondo i dati dell’Onu.

 

"La situazione dei diritti umani in Siria è disastrosa – ci spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – C’è stata una prima fase, durata mesi interi, durante la quale abbiamo visto la repressione di pacifiche manifestazioni di massa da parte delle forze di sicurezza e delle milizie filo-governative, gli shabiha.

 

Una repressione fatta di arresti, torture, uccisioni, l’imprigionamento di leader, attivisti per i diritti umani, ed esponenti di spicco del movimento di protesta. Successivamente, l’opposizione, seppur rimasta in parte anche pacifica, ha assunto un carattere armato, e questo naturalmente ha portato a un’ulteriore escalation di repressione da parte del governo siriano.

 

Al momento siamo invece in una fase di conflitto armato interno – se vogliamo dare una definizione giuridica a questa situazione disastrosa – nel quale c’è un’ampia parte di crimini di guerra commessi dalle forze del presidente Bashar Al Assad, e un’escalation di crimini di guerra commessi da gruppi di opposizione armata"...

 

prosegui la lettura integrale su linkiesta.it


Aggiungi commento