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25/12/24 ore

Energia: Usa verso l’autosufficienza; e l’Europa?



di Marco Giuli (da Affari Internazionali)

 

Negli ultimi anni la massiccia estrazione di gas e petrolio di scisto negli Stati Uniti ha decisamente modificato il profilo energetico del Paese. La produzione di petrolio è cresciuta del 54% fra il 2010 e il 2014, mentre quella di gas naturale del 21%, rendendo gli Usa il primo produttore mondiale di idrocarburi.

 

L’Unione europea (Ue) e i suoi Stati membri vedono tale rivoluzione come un’opportunità di diversificare i loro approvvigionamenti di gas, ancora dipendenti da pochi produttori e in diversi casi soggetti al monopolio del gigante russo Gazprom.

 

Urgenza quanto più sentita nel momento in cui le tensioni in Ucraina hanno riacceso il dibattito sulla sicurezza energetica nell’Ue. Il presente articolo intende analizzare la dimensione strategica della shale revolution americana per l’Europa, suggerendo che più che un’opportunità di diversificazione, il boom degli idrocarburi di scisto nordamericani rappresenta per l’Europa una sfida strategica di ampia portata.

 

Gas americano per l’Europa?

Finora, l’espansione della produzione americana si è tradotta più in una riduzione dei prezzi interni e in una crescita della competitività che in opportunità di esportazione. Canada e Messico sono i principali sbocchi commerciali, mentre lo sviluppo di capacità di liquefazione per l’esportazione di gas naturale liquefatto (Gnl) è ancora in fase embrionale.

 

A giugno il Dipartimento Usa per l’Energia ha autorizzato l’esportazione di 35 miliardi di metricubi (bcm) all’anno per 20 anni verso Paesi che non hanno trattati commerciali con gli Stati Uniti, rendendo l’Europa - con la sua ampia capacità di rigassificazione, attualmente in espansione in Europa orientale – una possibile destinazione nel momento in cui il terminale di liquefazione di Sabine Pass (autorizzato ad esportare circa 22 bcm all’anno) sarà ultimato all’inizio del 2016.

 

Tuttavia, le dinamiche del mercato europeo presentano incognite significative di natura principalmente commerciale. Nonostante il calo degli alti prezzi in Asia orientale rendano l’Europa potenzialmente attraente per ulteriori importazioni di Gnl, i prezzi in Europa potrebbero andare incontro ad una dinamica negativa per l’effetto congiunto dell’incertezza della domanda e una politica di aumento della capacità di esportazione da parte di Gazprom, dimostrata dai piani di espansione del gasdotto Nord Stream fra Russia e Germania e di costruzione del gasdotto Turkish Stream.

 

La compagnia russa sta cercando di adattare le proprie infrastrutture a una sovrapproduzione che ha ormai raggiunto i 150 bcm, il che metterebbe Mosca nella posizione di poter deprimere i prezzi europei rendendo la regione meno attraente per la concorrenza.

 

Da parte americana, le intenzioni sembrano ambivalenti. Per lungo tempo gli Usa hanno incoraggiato l’Europa a diversificare gli approvvigionamenti di gas. Tuttavia, tale politica era motivata dall’ambizione di fornire uno sbocco europeo per gli idrocarburi caspici, al fine di sottrarre i Paesi post-sovietici dall’influenza russa garantita dal controllo di Gazprom sul panorama infrastrutturale post-sovietico, e non dall’intenzione di provvedere alla sicurezza energetica europea attraverso un coinvolgimento diretto degli idrocarburi americani.

 

Risulta comunque ben chiaro che tali opportunità di diversificazione difficilmente renderanno l’Europa autonoma dal gas russo. Il maggiore beneficio per l’Europa risiede semmai nella possibilità di sottoporre Gazprom ad ulteriori pressioni concorrenziali.

 

Da questo punto di vista, il futuro delle relazioni energetiche Usa-Ue sarà dominato dalle dinamiche del mercato. La dimensione strategica risiede altrove. …

 

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