di Aldo Cazzullo (da Corriere.it)
Grillo ha lasciato libertà di voto sulle adozioni non solo per assecondare le perplessità emerse dai sondaggi, o per mettere in difficoltà il Pd. Grillo tiene conto del proprio elettorato, che in buona parte non è un elettorato di sinistra. E tiene conto della propria coscienza, che sui grandi temi della modernità ha sempre espresso preoccupazioni, rigetti, rifiuti.
Undici anni fa, quando ancora il Movimento 5 Stelle non esisteva, Grillo criticò il referendum per abolire la legge restrittiva sulla fecondazione assistita, perché «della fecondazione abbiamo fatto un mercato. È una trasformazione epocale: la vita che un tempo apparteneva alla religione, alla patria, alla rivoluzione, ora appartiene al mercato. Ne parliamo come un allenatore parla della sua squadra, come qualcosa di cui si può disporre. Abbiamo manipolato la vita, l’abbiamo clonata, riprodotta in provetta, comprata e venduta. L’abbiamo privatizzata. E si sa dove finiscono le cose privatizzate: non a una persona con nome cognome e odore, ma a una società anonima con fermoposta alle isole Cayman».
E concludeva:«Mi fa orrore la sinistra che si occupa solo di crescita economica, di pil. Se io vado contro un muro e sfascio la macchina, il pil sale. Nei Paesi devastati dallo tsunami, il pil salirà. Se avessero messo in rete la notizia qualche ora prima, in centomila sarebbero ancora vivi».
Fin dal suo esordio in politica, con il Vaffa Day convocato non a caso a Bologna, la sinistra è sempre stata il suo bersaglio grosso. Nel comizio di San Giovanni, con cui concluse la trionfale campagna dell’inverno 2013, disse che Bersani — che chiamava Gargamella — era «peggio di Berlusconi. Quello si vede che mente. La sinistra finge di opporsi e invece ha governato con lui. Si sono passati la borraccia come Coppi e Bartali. Bersani è un parassita che deve finire sotto processo insieme con tutti i capi della sinistra dal ‘95 a oggi per lo scandalo Montepaschi, il più grave della storia della Repubblica: ventun miliardi di buco!». Non a caso il Pd non aveva bloccato lo scudo fiscale; «per far rientrare le tangenti pagando solo il 5%».
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