Nell'ultimo numero di, Quaderni Radicali nel fare un bilancio dei primi due anni di governo Renzi, non è mancata una disanima dello stato penoso in cui versa il nostro paese a proposito di Agenda digitale e di gap tecnologico, sul quale anche Renzi, al netto degli annunci, ha finora fatto poco o nulla. In questo articolo de La Stampa, qui riproposto in rassegna web, Jacopo Iacoboni mette il dito nella piaga in tema di Banda larga e, prendendo spunto dall'ennesimo proclama del premier, sottolinea una volta di più la distanza fra la fantasmagorica narrazione renziana e i fatti concreti.
“Banda larga entro il 2018”: Renzi e quella promessa che slitta sempre più in là
di Jacopo Iacoboni
(da La Stampa)
«Il giorno in cui l’Italia scopre Internet è il 30 aprile 1986. Il 30 aprile 2016 saranno trent’anni esatti, e faremo un altro Internet Day. Ad aprile saremo pronti con il primo bando sulla banda ultralarga, sarà il primo di una serie di bandi con i quali portare a tutti i cittadini entro il 2020 la connessione ad alta velocità». L’annuncio scritto da Matteo Renzi la settimana scorsa sul suo profilo facebook è, come sempre, ambizioso, l’obiettivo condivisibile e in questo caso sacrosanto, e insomma, tutto spinge a incrociare le dita sperando che sia, come dice lui, davvero la volta buona. Già, perché di volte ce ne sono state un po’ tante, in questi anni, e anche di annunci renziani, ma la banda larga è sempre al palo, come fossimo un Paese primitivo.
Nei «Cento punti» del programma presentato nel 2011 durante la seconda Leopolda, al numero 60 già si leggeva «accesso a Internet veloce per tutti attraverso investimenti sulla banda larga e facendo saltare gli assurdi vincoli legislativi che ci hanno relegato agli ultimi posti della classifica di Freedom House». Fu allora che, per la prima volta, il rottamatore si spinse a dire «in tre anni ce la possiamo fare». I tre anni si sono di volta spostati più in là, ma qui - considerando come data di partenza quella del suo governo, possiamo ormai dire che non ce la faremo.
Eppure la narrazione continua: i «tre anni», «il triennio», «entro il 2018», «abbiamo presentato un piano innovativo», «oggi il piano rivoluzionario in consiglio dei ministri» sono tutti titoli di giornale e di agenzia trionfali di questi ultimi due anni che inducono a qualche cautela sulla nuova promessa renziana.
Il 6 agosto dell’anno scorso, per dirne una, il premier in conferenza stampa a Palazzo Chigi assicurava: «Sulla banda larga noi saremo leader in Europa nel giro di un triennio». Non solo ci metteremo in pari, ma sorpasseremo tutti gli altri. Parlò anche di dettagli e di soldi, «12 miliardi, di cui 5 privati e 7 pubblici. Di questi ultimi 4,9 vengono da iniziative del governo e 2,1 dai fondi strutturali regionali». I tre anni calcolati da allora scadrebbero nel 2018; ora invece Renzi sposta l’obiettivo più in là nel tempo, la banda larga per tutti arriverà nel 2020.
Troppe volte il premier ha dato per «fatto» il piano, e relativamente vicina la sua realizzazione. Un crescendo di promesse che si autonegavano...
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